Archive for 2014

Oggi ho imparato che... #7

Oggi ho imparato che per sentirsi soli non bisogna necessariamente esserlo. Ho imparato che "gli altri" esistono fino a quando tu vuoi che esistano. Più spesso ti ritrovi con te stesso e non sempre è un bel vedere. Poi ognuno reagisce come meglio crede. Ho imparato che c'è chi si isola e chi si circonda di persone, chi si accontenta di una parola di conforto e chi invece insoddisfatto cerca quello che vuole veramente in ogni piega della giornata. E l'unica cosa che accomuna tutte queste situazioni è la solitudine che le accompagna. In pochi si sentono al sicuro e "in compagnia" realmente. Sono quelli che hanno più da perdere nella sfide che la vita pone. Sono i più deboli ma i più fortunati. Sono i più criticati e i più invidiati. Sono quelli che amano o credono di farlo. Sono quelli che le favole le hanno fatte loro e le raccontano. Gli altri danno più credito a Babbo Natale che a questi personaggi. Perchè tutti mentono e sempre più spesso lo fanno a se stessi. Perchè aiuta a giustificare la loro situazione. La loro solitudine. La solitudine ai tempi dei social...

mercoledì 24 settembre 2014

Oggi ho imparato che... #6

Oggi ho imparato che... no un attimo serve una premessa. Quello che ho imparato oggi arriva da delle foto, una canzone e una riflessione. È importante sottolineare questo perchè è interessante come una cosa semplice arrivi da momenti molto più complessi, e questo è il succo di quanto ho imparato. Quindi dicevamo. Oggi ho imparato che la parte più rilevante di una fotografia è il "prima" e il "dopo" lo scatto. Mi spiego. La foto è una sintesi, una trappola per il tempo, o meglio per la minima parte di cui è fatto, l'istante. Ma appunto non è il tutto. Il "tutto" c'è prima e c'è dopo. Tipo le foto qui sotto. Ho fatto una "prova" con queste. Quali sono le parti fondamentali? Per me una canzone e una riflessione. Perchè tutto questo contorsionismo lessicale? Cercavo un significato al "selfie": "sintesi di un prima e un dopo forse troppo poco normale da essere condiviso". Meglio rischiare meno e fare una foto, dare una sintesi e non il tutto, o il vero. La mia risposta è questa. Che profondità oggi...

Luca Michele Piscitelli

martedì 23 settembre 2014

Oggi ho imparato che... #5

Oggi ho imparato che la tecnologia riesce ad emozionarmi. Ora vi spiego. Prendete una cosiddetta "App" scoperta per purissimo caso. Ecco ora immaginate di averne lette le caratteristiche e di aver pensato "beh si, potrebbe servirmi". Dopo averla installata su un qualsiasi dispositivo mobile però non avete avuto modo di usarla perchè quel "beh si, potrebbe servirmi" era un condizionale troppo condizionabile e condizionato dal fatto che l'App era gratuita. Ma il "bello" arriva ora. Un giorno quell'app si apre sempre per un caso purissimo e scoprite che quell'App è una cosa fantastica che avete sempre desiderato ma che non avevate colto in pieno quel giorno in cui l'avete installata. La morale della favola potrebbe essere "il caso non esiste, quell'app era nel tuo destino, che la forza sia con te fratello" ma io oggi ho imparato che il tablet riesce a entusiasmarmi. Il nome dell'App? Non ve lo dico perchè la storia risulterebbe più triste di quanto non lo sia già così. Buon Weekend

Luca Michele Piscitelli

venerdì 19 settembre 2014

Oggi ho imparato che... #4

Oggi ho imparato che le "cose" si possono fare in tre modi. Si possono non fare, si possono fare come si vuole o si possono fare come le fanno gli altri. Nessuno dei tre modi è totalmente sbagliato o giusto, ognuno è relativo alla situazione e alla persona, tutti hanno aspetti positivi e negativi. La cosa più importante però è avere la scelta e assumersi la responsabilità di fare. Dal vangelo secondo punto&virgola, andate in pace e fate cose!

Luca Michele Piscitelli
mercoledì 17 settembre 2014

Oggi ho imparato che... #3

Oggi ho imparato che alla base del comportamento di chi non è mai puntuale e dei ritardatari cronici in generale c'è un bisogno di disobbedire a qualcuno che si vive come un'autorità oppure di sfidare e mettere alla prova la persona con cui si ha appuntamento. I motivi del ritardo cronico sono inconsci.
Perché so queste cose? Chiedete ai miei amici e guardate con quante ore di ritardo sto pubblicando questo post!

Claudio Bellucci
lunedì 15 settembre 2014

Oggi ho imparato che... #2

Oggi ho imparato che il jingle che si può facilmente ascoltare durante gli intervalli di molti sport negli USA si chiama "Charge"(fanfare) e ha quasi 70 anni! Il motivetto è composto da 6 note che hanno fatto il loro esordio nel mondo dello sport nel 1959 durante le World Series di Baseball tra i Dodgers (a quei tempi a Los Angeles) e i Chicago White Sox. Un certo Bobby Kent ha provato anche a rivendicarne la paternità nel 2011 ma con scarsissimi risultati. Insomma da oggi il "da da da da da daaaa" ha un nome.

Luca Michele Piscitelli
venerdì 12 settembre 2014

Oggi ho imparato che...#1

Oggi ho imparato che esiste il verbo attillare. Si ok, l'abbiamo detto tutti di una maglietta che è attillata, ma la vera sorpresa è che possiamo dire tranquillamente di attillare qualcosa! Pagina 117 degli unici "Zingarelli" amati in Italia (l'aver imparato che si chiamava così il vocabolario e non Zingaretti come Montalbano risale ad almeno un decennio fa). Ad onor del vero non mi sarei sorpreso neanche del contrario, ovvero che attillato fosse una parola assolutamente unica, inconiugabile, messa li perchè serviva. Anche perchè oltre il participio passato di questa parola l'utilità non se ne trova. "Rendere aderente al corpo". Per quanto riguarda le persone credo che il termine sia stato da tempo cancellato dal ben più onomatopeico "accollare". Dire "certo come ti attilli" non rende bene l'idea. Dal punto di vista dei vestiti, beh va bene tutto ma un jeans si stringe, per quanto lo si voglia attillare. Ah quasi dimenticavo. Significa anche "vestirsi con cura e ricercatezza". Ho sempre saputo di aver sbagliato paese.

Luca Michele Piscitelli
giovedì 11 settembre 2014

Oggi ho imparato che...

Oggi ho imparato che si impara davvero qualcosa tutti i giorni. In realtà credo di averlo sempre saputo. E non è così banale come potrebbe sembrare. Perchè un conto è impararlo, un altro lo è ricordarlo. Ad esempio, tu cosa hai imparato ieri? O l'altro ieri? O dieci giorni fa? Io non lo ricordo, ma credo sia importante farlo. Per questo ho deciso di appuntarmelo quotidianamente qui, magari trovo qualcuno che ha imparato la stessa cosa e me lo può confermare, oppure che ha imparato qualcos'altro. Insomma una condivisione di idee, o dobbiamo continuare a condividere Lotito ovunque con la tuta dell'Italia?!

Luca Michele Piscitelli

mercoledì 10 settembre 2014

L’Europa, l’Italia, “la casta” e la disuguaglianza

Un’inchiesta di Pagina99we ha portato alla luce un quadro allarmante sul ruolo dello Stato nella distribuzione del reddito in Italia. L’analisi parte da una semplice classificazione: in Italia per far parte dell’1% più ricco occorre avere una situazione reddituale annuale pari o superiore ai 100 mila euro (si prende a riferimento Top Income Database curato da Atkinson, Saez e Piketty). Il 27% dei dipendenti pubblici fa parte di questa “casta”. È proprio questo dato, tratto dai siti dei comuni italiani e confrontato con il rapporto Government at a Glance 2013 dell’OECD, che sottolinea il peso dello Stato Italiano nella distribuzione dei flussi di ricchezza, quindi di come sia lo stesso Stato a creare una classe di ricchi formata da appartenenti all’apparato politico e dirigenziale pubblico. Una situazione non rintracciabile negli altri paesi economicamente avanzati. Tutto mentre il 50% della popolazione non arriva a dichiarare 16mila euro l’anno. È questa enorme disuguaglianza a rendere preoccupante il futuro economico del paese.

“La disuguaglianza è un problema di efficienza, non di pura equità […] La concentrazione di reddito distorce il funzionamento del mercato riducendo la capacità del sistema di produrre ricchezza”. Le parole sono del premio nobel per l’economia Joseph E. Stiglitz. L’economista americano ha sicuramente negli occhi il quadro del suo paese, ma è evidente la consapevolezza di aver colto un problema di natura internazionale. Financial Times, The Economist, il Fondo Monetario Internazionale, sono solo alcune delle “istituzioni” che negli ultimi mesi hanno calcato il segno sull’hot topic del momento. Martin Wolf proprio sul FT ha sottolineato la rilevanza dell’opera di Thomas Piketty, Capital in the Twenty-First Century,sottolineando la necessità di superarne l’analisi strettamente politica e approdare ad una più specificatamente economica, fondata sul topos dei costi-benefici. Un’onda partita dal famoso 99% di Zuccotti Park a testimonianza che qualcosa è stato mosso e portato a galla.

In Italia il problema non è ancora quello di dare una risposta alla situazione corrente. Il paese non è ancora giunto al punto della domanda. Almeno di una consapevole del reale problema. La guerra agli stipendi d’oro, ai costi della politica, agli sprechi dello Stato rischiano di restare domande troppo facilmente strumentalizzabili e fini a se stesse se non inquadrate in un progetto più ampio di comprensione di chi stia sfruttando rendite di posizione e di riduzione delle differenze tra parti del paese già troppo lontane tra di loro. Un progetto che abbia chiare le conseguenze di questa situazione e che non può prescindere dalla dimensione europea, dati sia i vincoli che legano il destino del paese a quello degli altri membri della comunità sia dalla natura del problema che coinvolge anche i nostri vicini europei.

LEGGI ANCHE
Situazione reddituale dei contribuenti italiani - Comunicato Stampa MEF (26/03/2014)

Luca Michele Piscitelli
giovedì 22 maggio 2014

EXPO 2015: Feeding the Planet. Energy for Life

Mentre in questi giorni si fa un gran parlare della bufera giudiziaria che si è abbattuta sull'Esposizione Universale di Milano, per l'arresto di Antonio Rognoni, ex dg di Infrastrutture Lombarde, per aver assegnato una serie di appalti in cambio di tangenti, è notizia delle ultime ore l’arresto di uno dei manager più importanti di Expo 2015 spa, Angelo Paris - direttore della divisione Construction and dismantling, insieme a Primo Greganti e Gianstefano Frigerio. Se ne parla molto, ma che cos’è precisamente l’Expo? È un’Esposizione Universale, non commerciale organizzata dalla nazione che ha vinto l'opportunità di realizzare una manifestazione di tale prestigio per l'intero Paese. La sfida di portare l’Expo in Italia nasce nel 2006, quando si decide di candidare Milano come città-ospitante di un simile evento. Con un programma dettagliato sul tema proposto, sulla missione e sulla presentazione del progetto, Milano riesce a trionfare sulla diretta rivale Smirne. L’evento che avrà luogo a partire da venerdì 1 maggio a sabato 31 ottobre 2015 nel cuore di Milano, davanti al Castello Sforzesco, ospita un'occasione unica di crescita e visibilità per le eccellenze del nostro Paese.

L’evento prevede quindi la partecipazione di 144 paesi, pari a circa il 94% della popolazione mondiale, che sono chiamati a confrontarsi sulle diverse reazioni presentate di fronte alle sfide poste dalle nuove tecnologie, più che limitarsi solo ad esporle. Considerato uno degli eventi più redditizi per l’economia nazionale, L’Expo 2015 rappresenta un’occasione di crescita e di sviluppo, grazie anche ad un elevato grado di coinvolgimento da parte delle aziende del territorio. Recenti stime attestano che la produzione attivata dall’evento sarà pari a 69 Mld circa, incrementando il PIL dello 0,18%. I settori coinvolti sono molteplici: quelli del turismo, dell’edilizia, della ristorazione, dell’agricoltura, dei servizi e della gestione e promozione eventi. Expo Milano 2015 intende affrontare la tematica universale e complessa della nutrizione da un punto di vista ambientale, storico, culturale, antropologico, medico, tecnico-scientifico ed economico. Tale impostazione multidisciplinare crea interessanti intrecci, correlazioni e collegamenti.


Tema dell’evento e principali obiettivi. Il tema intorno cui ruota l’intero evento “Feeding the Planet. Energy for Life” ha come obiettivo quello di dare spazio alla creatività e all’innovazione affrontando la complessa tematica della nutrizione, favorendo sempre una alimentazione sana e sufficiente in tutto il pianeta, da un punto di vista oltre che storico- culturale, soprattutto medico, scientifico, ambientale ed economico. I punti chiave dell’evento ruotano intorno al rafforzamento della qualità e della sicurezza di un’alimentazione per vivere in maniera sana ed equilibrata; diminuire la mortalità infantile e la malnutrizione che ancora oggi compiscono 850 milioni di persone; educare ad una corretta alimentazione; prevenire malattie sociali tra cui obesità e patologie cardiovascolari; valorizzare e favorire le grandi tradizioni alimentari di popolazioni e comunità locali; migliorare la qualità dei prodotti avvalendosi della tecnologia. Per avvicinare le imprese agricole e alimentari all’evento, sono stati messi in atto piani di comunicazione e promozione oltre alla partecipazione e al contributo della Società civile. Ad oggi l'avanzamento dei lavori risulta ancora fortemente arretrato. Si riuscirà, in meno di un anno, a portare a termine questi progetti che almeno teoricamente sembrano ben strutturati e a non disperdere l’ennesima occasione di valorizzazione della nazione?!


Francesca Pistolini
lunedì 12 maggio 2014

L'uomo prova a riscrivere il codice genetico



Anche se il titolo potrebbe essere troppo ambizioso, il risultato raggiunto da Floyd Romesberg e colleghi dello Scripps Research Institute di La Jolla, in California è sorprendente e segna un importante passo avanti nel mondo della ricerca e dell'ingegneria genetica. Il nostro codice genetico è formato da quattro basi azotate: Adenina, Citosina , Guanina e Timina (A, C, G,T) che appaiandosi formano la doppia elica del DNA. A seconda della loro posizione lungo il DNA esse determinano il patrimonio genetico e quali saranno le proteine prodotte da un determinato organismo. La sfida del gruppo di ricerca di Romesberg è stata quella di aggiungere ai quattro nucleotidi del DNA due nucleotidi creati sinteticamente in laboratorio denominati d5SICS e dNAM. Gli scienziati hanno prima verificato se il nuovo DNA potesse replicarsi correttamente in provetta con l'aggiunta degli enzimi necessari, risultato raggiunto nel 2008.
Floyd Romesberg

"Il grande limite di questo studio è che era condotto in vitro.
 La grande sfida era ottenere un DNA modificato in grado di funzionare nel complesso ambiente di una cellula vivente"

Ed è proprio questo l'obiettivo raggiunto dai ricercatori che hanno inserito il filamento di DNA con i due nucleotidi sintetici in un batterio normalmente utilizzato in laboratorio: E.coli. Un importante problema della ricerca era trovare una molecola in grado di trasportare i nucleotidi sintetici all'interno della cellula, ricerca che non è stata facile. La molecola necessaria è stata trovata in una specie appartenente alle microalghe.
L'esperimento ha dimostrato che il DNA modificato in presenza della molecola trasportatrice riusciva a replicarsi regolarmente e che le cellule di E.coli non perdevano i nucleotidi sintetici per effetto dei meccanismi di riparazione del DNA.


Il passo successivo della ricerca sarà quello di verificare come questi nucleotidi sintetici interagiscono con i meccanismi di trascrizione e traduzione di una cellula vivente. Comunque sia il risultato di questo esperimento apre numerose nuove prospettive, queste le parole di Romesberg:


"In linea di principio, potremmo sintetizzare nuove proteine a partire da questi nuovi amminoacidi non naturali, arrivando in futuro a pianificare la realizzazione di molecole terapeutiche e diagnostiche oltre che reagenti di laboratorio che abbiano le caratteristiche desiderate".

                                                                                                                    Augusto Piazza

Francia: una donna allenerà il Clermont



Helena Costa (Foto da Wikipedia)
Per la prima volta una donna allenerà una squadra di Ligue 2, la Serie B francese: si tratta della portoghese Helena Costa, 36 anni, scelta per la prossima stagione dal Clermont-Foot, squadra della città di Clermont-Ferrand. La scelta della società è stata figlia del nuovo progetto portato avanti con fermezza e innovazione dal presidente Claude Michy, che ha dichiarato: “Questa nomina permetterà alla squadra di entrare in una nuova era, avendo come base i 17 giocatori sotto contratto. A questi, verranno aggiunti giovani cresciuti nel club''. A sorprendere non è solo il sesso della neo “mister”, quanto l’età

A ben 36 anni, età in cui molti dei suoi colleghi maschili farebbero non poca fatica a guidare una squadra professionistica, la Costa vanta un curriculum di tutto rispetto: laureata in Scienze sportive con il massimo dei voti per poi lavorare prima come assistente nelle giovanili tra le file del Benfica, poi come allenatrice nei Pulcini, sempre alla corte dei neocampioni di Portogallo. Nel 2005 ha dimostrato di essere una vincente alla guida del Cheleirense, vincendo il campionato regionale. La vittoria è stata determinante per approdare, l’anno successivo, nel calcio femminile, ma non in maniera definitiva: la Costa firma un contratto con i Leixoes prima e i Celtic poi, con il ruolo di talent scout. Quattro anni più tardi arriva la chiamata del Qatar che la vuole assolutamente a rappresentanza della panchina nazionale femminile, opportunità che Helena coglie con grande entusiasmo, tant’è che, terminata l’esperienza di due anni come c.t., è ben felice di proseguire il lavoro sulla panchina dell’Iran. Ora è atterrata in Francia per una nuova avventura calcistica. 

I più informati ricorderanno la prima donna italiana ad approdare nel nostro campionato. L’idea fu di Luciano Gaucci, ai tempi presidente della Viterbese (Serie C1) nel 1999. La prescelta fu Carolina Morace che resistette appena due giornate, una vittoria ed una sconfitta, presentando proprio lei le dimissioni a causa dell’esonero voluto da Gaucci della sua assistente Betty Bavagnoli.
      
Marco Harmina

venerdì 9 maggio 2014

No, non sono in sovrappeso, è che ho diciotto centimetri in meno di altezza


“La società è composta di due grandi categorie di persone: chi ha più cibo che appetito e chi ha più appetito che cibo". Rubiamo la frase da Nicolas Chamfort, scrittore francese del XVIII secolo, che (e in particolar modo la prima parte), per trattare di un grave problema che sta raggiungendo dimensioni enormi a livello mondiale: l’obesità. Per obesità si intende una condizione caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso corporeo, a causa di una malnutrizione per eccesso, in relazione anche ad un’attività fisica insufficiente. Si associano poi diversi altri fattori, tra cui quelli genetici, che però sono ancora sotto studio e di cui si ipotizza una causa poligenetica.


La situazione mondiale risulta essere allarmante: l’11% della popolazione è obesa e circa 40 milioni di bambini al di sotto dei 5 anni si trovano già in una situazione di sovrappeso. In Italia, 4 adulti su 10 sono in eccesso ponderale. Gli uomini, più frequentemente presentano un tipo di obesità definito “centrale”, con accumulo di grasso nelle parti alte del corpo (collo, spalle, addome al di sopra dell’ombelico),mentre le donne presentano obesità di tipo “periferico”, nelle parti basse del corpo (addome al di sotto dell’ombelico, fianchi, cosce). Sfatiamo poi il mito che l’obesità è un problema delle persone agiate: un gran numero di obesi sono, anzi, facente parte della media/bassa fascia socioeconomica, con consumazione di cibi meno sani, a favore invece di quelli più ricchi in grassi.

Come ci si può accorgere di star entrando nel gruppo dei “sovrappiù”? Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, un soggetto viene considerato sovrappeso o obeso in relazione al suo indice di massa corporea (BMI, dall’inglese Body Mass Index). Il BMI viene espresso come rapporto tra peso (espresso in kg) e quadrato dell'altezza di un individuo (espressa in metri). Si potranno quindi avere diversi risultati, confrontabili con la sottostante tabella:

  • Obesità di III classe (gravissima )         BMI ≥ 40,00
  • Obesità di II classe (grave)                  35,00<BMI<39,9
  • Obesità di I classe (moderata)              30,0<BMI< 34,9
  • sovrappeso                                          25,0<BMI<29,9
  • Regolare (peso ideale)                         18,5<BMI<24,9

Ricordiamo, comunque, che il BMI non fornisce alcuna indicazione sulla composizione corporea, perché non tiene conto dell'ossatura e della muscolatura: un soggetto dotato di muscolatura e/o ossatura possente potrebbe apparire sovrappeso pur essendo in effetti normopeso. È necessario, quindi, analizzare in modo più preciso il proprio valore di massa grassa e ciò è reso possibile dall’uso di varie tecniche, come ad esempio la Pesata idrostatica la Plicometria ,le misure bioimpedenziometriche.

Il risvolto più tragico di questo status è rappresentato dalla vasta gamma di malattie di cui l’obesità è un importante fattore di rischio: patologie più note ,come quelle cardiovascolari, ma anche apnee notturne, diabete mellito di tipo II, malattie del fegato e della colecisti; arrivando fino a patologie la cui associazione è meno nota alla maggior parte della popolazione, come il cancro della mammella, la gotta, l’irsutismo. Ricordiamo, poi, che anche se un Musical, diventato pure un film, diceva: “Grasso è bello”, il risvolto psicologico non è da sottovalutare in questi pazienti. Le persone in sovrappeso, e tanto più quelle obese, vengono relegate ai margini delle relazioni sociali. In special modo, l’isolamento risulta evidente nei bambini, che crescono così in una situazione di disagio, con un rapporto squilibrato verso il proprio corpo, raggiungendo, a volte, anche gli estremi opposti: anoressia e bulimia (descritte nell’articolo precedente, riguardante la malnutrizione per difetto ndr). Proprio per migliorare questa situazione in picchiata, la Comunità Europea ha stabilito un piano d’azione a cui tutti i membri dovranno rispondere per cercare di far rientrare l’emergenza: l’Action Plan on Childhood Obesity 2014-2020. Nonostante i numerosi piani messi a punto dai vari Paesi, però, il traguardo del peso forma per molti è ancora lontano: si deve cominciare dall’educazione alimentare infantile. D’altronde, come diceva Francois de La Rochefoucould:” Mangiare è una necessità, mangiare intelligentemente è un’arte”.

Per ulteriori approfondimenti riguardanti l’argomento, potete visitare il sito:

K.M.

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Frida Kahlo e la mostra alle Scuderie del Quirinale

La mostra in esposizione alle Scuderie del Quirinale fino a luglio, indaga l'artista messicana nel suo rapporto con i movimenti artistici dell'epoca, dal Modernismo messicano al Surrealismo internazionale, analizzandone le influenze sulle sue opere. Alle Scuderie si presenta l'intera carriera artistica di Frida Kahlo riunendo Oltre 40 straordinari capolavori. 

Magdalena Carmen Frida Kahlo y Calderón diceva di essere nata nel 1910, anno di inizio della Rivoluzione messicana, mentre in realtà era nata il 6 luglio 1907 a Coyoacán. Le sue opere, soprattutto i suoi ritratti sono molto spesso carichi degli aspetti drammatici della sua vita, il maggiore dei quali è il grave incidente di cui rimane vittima nel 1925 mentre viaggia su un autobus e a causa del quale riporta la frattura del bacino. Questo evento cambiò drasticamente la sua vita e la rinchiuse in una profonda solitudine che ebbe solo l'arte come unica finestra nel mondo. A seguito dell'incidente Frida viene costretta a mesi di riposo nel suo letto di casa con il busto ingessato. Il suo primo soggetto è il suo piede che riesce ad intravedere tra le lenzuola. Sono anni di profonda sofferenza fisica e turbe interiori (subirà più di 32 interventi), in cui inizia però sia la sua formazione artistica che come attivista del partito comunista. Nei periodi successivi alla sua degenza, Frida incontra e si innamora dell'uomo che diventerà la sua "guida" professionale e di vita Diego Rivera (anche lui noto pittore). Quando Frida incontra Diego, lui è un uomo pesante, gigantesco, Frida lo prende in giro chiamandolo “elefante”: è già stato sposato due volte e ha quattro figli. Il 21 agosto del 1929 si uniscono in matrimonio. Lei ha 22 anni, lui quasi 43. La loro tempestosa relazione è fatta di infedeltà, screzi dovuti alle reciproche carriere, litigi continui, tanto che la stessa Frida dichiarerà nella sua vita di aver avuto due incidenti, uno causato da un tram e l'altro da Diego: "L'incidente con il tram mi ha lasciato paralizzata fisicamente mentre quello con Rivera mi ha paralizzato emotivamente”. Eppure, nonostante tutto, Diego Rivera rimase per Frida il grande amore della sua vita. Con lui condivise la passione per l’arte, l’orientamento politico e un affetto reciproco capace di persistere anche nei momenti più critici della loro relazione. Al centro delle opere dell'artista messicana però oltre all'amore (ben rappresentato dalle varie opere che la ritraggono con il marito, es " Diego e me ") si indaga il rapporto ossessivo con il suo corpo martoriato e il trauma interiore che due aborti e la mancata maternità (a causa delle sue precarie condizione fisiche a seguito dell'incidente) le hanno procurato. A partire dal 1938 l'attività pittorica s'intensifica: i suoi dipinti non si limitano più alla semplice descrizione degli incidenti della sua vita, parlano del suo stato interiore e del suo modo di percepire la relazione con il mondo.

Frida durante tutta la sua carriera artistica si è avvicinata a molte correnti, più rilevanti fra tutte senz'altro l'arte pittorica folkloristica messicana e il surrealismo di Andrè Breton. Quello che può essere considerato il suo lavoro più surrealista è il quadro "Ciò che l’acqua mi ha dato": immagini di paura, sessualità, memoria e dolore galleggiano nell'acqua di una vasca da bagno, dalla quale affiorano le gambe dell’artista. Nel 1944 dovette indossare un busto d’acciaio e questo episodio la portò a dipingere un altro dei suoi quadri più noti, «La colonna spezzata».  Nel 1953 il Messico – il suo Paese - le dedicò una mostra personale, Frida stava così male che vi si recò in ambulanza e accolse gli ospiti sdraiata nel proprio letto a baldacchino (che per l’occasione era stato portato nella galleria espositiva). Fu un successo enorme. 
Frida morì poco dopo a Coyoacán il 13 luglio 1954, nella stessa casa – la casa azzurra – che le aveva dato i natali e che oggi è divenuta il Museo Frida Kahlo Certo.

Grande donna e pittrice, usò la pittura per raccontare sé stessa, e nel farlo raccontò anche la disabilità. Mostrò il suo corpo sanguinante, ferito, ingabbiato negli apparecchi ortopedici, in frantumi, in lacrime, sorretto dalla sedia a rotelle o con le stampelle. Ma in tutte queste rappresentazioni Frida non abbassò mai lo sguardo, non smise mai di fissare lo spettatore. Il suo volto è sempre rivolto verso di noi, fiero anche quando si ritrae nei momenti più carichi di tragicità. C’è uno sguardo che non cede, che non consente di ridurre la persona al suo dolore, neanche quando è proprio il dolore il messaggio più esplicito dell’opera.

Frida per l’intera vita porterà con se un dolore continuo e lacerante ma nonostante le trentadue operazioni, inneggerà sempre alla vita, con quella allegria che ha sempre ostentato in pubblico.

Elena Guglielmino

Stage of mind

Il viaggio della mente, prende forma.

Creare, dare forma e costruire. L’artista coreana Jee Young Lee riesce pienamente nell’intento: mettere a nudo la sua personalità, distruggere le barriere psicologiche e costruire, nel vero senso del termine, ambienti psichedelici e a tratti surreali. Fotografie quelle della trentenne, naturali, al riparo dalla manipolazione digitale, frutto esclusivamente delle sue mani. Stage of mind è la serie delle sue creazioni in mostra a New York nel prossimo mese di luglio dal 21 al 27, serie a cui l’artista lavora dal 2007. E’ il prodotto di fiabe coreane, ricordi d'infanzia e storie occidentali (fra cui anche alcune opere di Shakespeare). In un piccolissimo studio trasformato in un mondo onirico,  il tempo di creazione delle sue “atmosfere” può variare da qualche giorno a mesi interi. Ultimato il lavoro, la coreana si lascia fotografare nelle sue creazioni, sempre in una posizione centrale, privilegiata,  senza mai guardare l’obiettivo. Ed è oltre l’obiettivo che c’è un mondo spesso inesplorato, che viene fuori pian piano, parallelamente agli ambienti che prendono forma. Un viaggio interiore, volto a scoprire  le origini di un Io influenzato da tutto ciò che lo circonda e gli angoli remoti della mente. La serie Stage Of Mind è un fantasioso microcosmo in cui l’artista proietta se stessa all’interno di stati emozionali, che finiscono  per diventare i protagonisti di ogni scatto. Ogni scena è fatta di particolari realizzati a mano in uno spazio poliedrico, proiettore di moti interiori. Un lavoro, in sostanza, che raccoglie preoccupazioni, errori, sorprese, sogni e processi di maturazione. Narrare e drammatizzare la propria storia personale. Il soggetto del lavoro è la riflessione  sul singolo in relazione alla società in cui vive e come individuo che influenza  e a sua volta è influenzato dall'ambiente circostante. Ricerca di completezza, scenari concreti. Fiori, tubature, lego, una corda per la salvezza. Atmosfere idilliache, ostacoli da saltare, salotti psichedelici, animali che entrano in casa.  In un mondo in cui tutto si può imitare e riprodurre senza troppa fatica, questa giovane sudcoreana non usa trucchi e accorgimenti tecnologici, ma la sua manualità. Jee Young Lee assume il ruolo di set designer, scultrice, performer, artista di installazioni e fotografa, rendendo ogni particolare, magico.
                                                                                                              Giulia Ballini









Curitiba, tra sostenibilità e partecipazione.

Curitiba è una città situata nel sud del  Brasile che ha subito, dagli anni Cinquanta a oggi, una notevole crescita demografica e tutti i problemi di degrado umano e ambientale che ne derivano: la disoccupazione, lo sfruttamento, le malattie, la corruzione, la criminalità, la congestione del traffico, l’inquinamento. Il sindaco in carica, nel 1964, decise allora di istituire un concorso d’idee aperto ad architetti e ingegneri al fine di creare un nuovo piano per la città, un modello urbano in grado di valorizzare al massimo le risorse umane e quelle del territorio. Venne fuori molto di più. Nel 1971 Jaime Lerner, esperto di architettura e urbanistica, divenne sindaco della città, e insieme con altri esperti, creò l’Instituto de Pesquia e Planejamiento Urbano de Curitiba (IPPUC), ovvero l’ente di pianificazione e ricerca urbana. I punti del programma erano semplici e chiari: buon senso e creatività, partecipazione dei cittadini, soluzioni poco costose, semplici ed ingegnose, democrazia e buona amministrazione.

Il primo intervento ha riguardato l’assetto urbanistico e la mobilità. Invece di sventrare il centro storico, Lerner decise di ristrutturare le strade esistenti, limitando al massimo l’abbattimento degli edifici, creando un sistema di cinque assi principali: ampie strade a senso unico che convogliano il traffico e quella di mezzo riservata agli autobus, trasformati in una metropolitana di superficie. Il risultato è una copertura capillare del territorio con il 79% della popolazione coinvolta, quindi una notevole diminuzione delle auto private, minor traffico, maggiore vivibilità urbana. Il secondo intervento ha riguardato l’acqua, il territorio e l’ambiente: una sorta di “agopuntura urbana” con micro interventi realizzati in nodi nevralgici della città, in grado di propagare gli effetti positivi negli altri punti difficili, la realizzazione di piccoli ecosistemi verdi su vecchi terreni lacustri, destinati a parchi, aree boschive e spazi pubblici. Iniziative particolari come quelle destinate agli abitanti delle baraccopoli, cui sono distribuiti piccoli appezzamenti di terreno dove costruire case e realizzare orti per l’autoproduzione. Il progetto “Green Exchange” , che prevede un furgoncino comunale che consegna ticket per l’autobus o per il teatro, in cambio di rifiuti. Ogni famiglia ottiene in cambio di 4 Kg di rifiuti differenziati, 1 Kg di frutta e verdura, acquistata dal comune ai contadini locali, in modo da sostenere le aziende agricole del territorio. Il programma è rivolto anche ai bambini, che in cambio di materiale di riciclo ottengono giocattoli, dolci o attrezzatura per la scuola. Il risultato è la raccolta differenziata del 70% di spazzatura prodotta, il cui ricavato è reinvestito nella città, attraverso programmi di utilità sociale o riciclaggio, come gli autobus dismessi dal trasporto pubblico che vengono riutilizzati nelle favelas come centri culturali, sale lettura o aule. Il terzo intervento, infine, rivolto alla salute e all’istruzione. Furono creati i “fari del sapere”, cioè costruzioni a forma di faro, contenenti biblioteche di 7000 volumi, torri luminose e colorate ad altissimo impatto visivo e simbolico. E ancora 200 centri di accoglienza, che offrono assistenza e pasti gratuiti alle famiglie a basso reddito.

Gli abitanti di Curitiba godono di un sistema di governo caratterizzato da trasparenza e responsabilità. Un governo che, grazie alla collaborazione reale e al sostegno dei cittadini, si sforza di ricercare soluzioni semplici, economiche, rapide e divertenti. Uno, forse l’unico, dei progetti di trasformazione e rinascita della città riusciti al giorno d’oggi. Dopo circa trenta anni di buona amministrazione, la qualità della vita di Curitiba è una delle più alte al mondo, l’efficienza dei trasporti, la disponibilità dei servizi pubblici, l’abbondanza di verde, la diffusione dell’istruzione, la gestione dei rifiuti e il coinvolgimento della popolazione la rendono un vero modello di città sostenibile, forse poco conosciuto al di fuori dei confini brasiliani.

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Federica Salvatore

2 Papi e 2 Santi

Domenica 27 Aprile 2014, tutti gli occhi del mondo saranno puntati su Roma per la canonizzazione dei papi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. “Un evento di portata planetaria” per il quale “Roma è prontissima” assicura il sindaco della Capitale Ignazio Marino. Papa Francesco ha scelto come data per la canonizzazione di Angelo Roncalli e Karol Wojtyla la data in cui la Chiesa celebra la festa della Divina Misericordia. I due Papi, durante un concistoro di cardinali in Vaticano, vengono ricordati ed esaltati da Angelo Amato, prefetto per la Congregazione delle cause dei santi, per esser sempre stati uomini al “servizio alla pace" e per la loro"mite fermezza” in tempi di radicali trasformazioni. Il “Papi day”, come è stato nominato, evento senza precedenti vedrà insieme i due Papi vivi, Benedetto XVI e Papa Francesco, celebrare due santi. 

Intanto a Roma, scatta l’allerta terrorismo. Sono attesi circa 800mila pellegrini, di cui 61 delegazioni straniere, oltre 1000 cocelebranti della liturgia, 19 capi di stato e oltre 1500 uomini in divisa e in borghese impegnati ogni giorno. Sono state istituite inoltre dal Comitato per l’ordine e la sicurezza 2.430 unità di rinforzo. In tutto l’imponente piano di sicurezza, messo appunto dal primo cittadino di Roma, dovrà garantire l’incolumità di 5 milioni di persone tra romani, pellegrini e turisti. L’evento partirà dalle 21 di sabato 26 aprile con una notte di preghiera e culminerà con la canonizzazione di domenica 27 che avverrà tra le 10 e le 12:30. Per evitare un alto afflusso già nella sera prima saranno interdette al traffico molte zone limitrofe a San Pietro con divieti di sosta e aree interamente pedonali. Anche ai fedeli e pellegrini sarà consentito l’accesso alla piazza solo a partire dalle 5.30 della mattinata di domenica, con unico accesso da via della Conciliazione. 

L’evento di portata internazionale, potrà esser seguito da diversi canali di comunicazione: attraverso uno dei 18 maxi-schermi distribuiti in diversi punti della città, uno anche in Piazza Duomo a Milano, in diretta tv, su Sky tg24 e Rai1 e in diretta streaming. La diocesi di Roma ha infatti aperto un sito speciale www.2papisanti.org fruibile in 5 lingue e attivato l’ account social su Twitter @2popesaints.



Francesca Pistolini



Violenza domiciliare. Ennesimo caso ad Anzio.

La scorsa notte ad Anzio, una delle località più in rilievo del litorale romano, un 38enne italiano, sotto l’effetto di pesanti sostanze stupefacenti, ha aggredito la compagna incinta, 37 anni e anche lei di Anzio. A causa di un litigio la situazione è degenerata: sotto l’effetto della cocaina ancora in circolo,l’aggressore ha percosso la vittima, picchiandola anche sulla pancia e lanciandole contro delle suppellettili, ma soprattutto dei coltelli da cucina e dell'acido muriatico, fortunatamente però senza successo. L'uomo è stato arrestato dai carabinieri, mentre la compagna è stata ricoverata con un trauma cranico e diverse contusioni; per il momento il bambino sembrerebbe fuori pericolo.   

A chiamare i carabinieri sono stati alcuni vicini spaventatosi dalle forti urla, figlie della lite tra i due. I militari una volta arrivati sul posto hanno bloccato a fatica l'uomo, già noto alle forze dell'ordine, che è stato portato nel carcere di Velletri. La donna, in seguito, ha reso noto il motivo dell’ira di qualche ora precedente: tutto sarebbe nato dalla volontà dell’aggressore nel costringere la compagna a dargli 50 euro per acquistare della cocaina che avrebbe poi consumato in casa. La vittima ha avuto 21 giorni di prognosi per trauma cranico e contusioni, tra cui quella all'addome. L'aggressore è accusato di lesioni personali, rapina aggravata e resistenza a pubblico ufficiale.

Questo è solo l’ultimo episodio di violenza domiciliare e funge da esempio lampante nel sottolineare l’alto livello di gravità a cui è arrivato tale problema sociale, coinvolgendo anche la tanto discussa violenza sulle donne. La tragedia sfiorata ad Anzio riporta alla mente del lettore l’accaduto dell’11 febbraio in provincia di Taranto, dove un ragazzo di 20 anni ha violentemente percosso la sua compagna incinta al quinto mese, strattonando poi anche la figlia di 11 mesi; con le accuse di maltrattamenti in famiglia, lesioni personali e minacce aggravate è stato poi arrestato. Quanto detto e riportato richiama anche la preoccupazione sociale delle nascite di famiglie con basso livello di età; sono sempre più giovani ed inesperti i genitori di oggi.

L’uomo è ciò che mangia

"Se fossimo in grado di fornire a ciascuno la giusta dose di nutrimento e di esercizio fisico, né in difetto né in eccesso, avremmo trovato la strada per la salute"
Questo è ciò che aveva intuito Ippocrate, già nel 470 ca. ed è quello che una buona parte della popolazione mondiale sembra ancora non capire. C’è chi mangia troppo e chi invece troppo poco. Trilussa diceva (e Jovanotti citava): “Se io mangio due polli e tu nessuno statisticamente noi ne abbiamo mangiato uno per uno”. Ma la realtà è ben diversa, ben più grave.
Circa due miliardi di persone nel mondo sono sovrappeso, se non obese (malnutrizione per eccesso), mentre al 2012 erano 870 milioni le persone denutrite (malnutrizione per difetto), di cui 200 milioni di bambini (dati FAO).
Quali sono i rischi correlati ad entrambe queste situazioni? E quali sono i rischi correlati ai rimedi fai-da-te? Proprio di questo ci occuperemo in questa breve rubrica, comprendente tre articoli (quello di oggi,quello del 29 Aprile e l’ultimo a Maggio,ndr).
E proprio oggi apriamo le porte ad uno di questi mondi: il mondo della malnutrizione per difetto.

Con il termine malnutrizione per difetto non si intende la mera scarsità di cibo (denutrizione), bensì un introito squilibrato dei vari nutrienti, ai quali si può associare scarsità di controlli sanitari ed igienici alimentari.
Essere sottopeso significa correre un rischio 9 volte maggiore, rispetto a un coetaneo normalmente nutrito, di morire precocemente.
Per verificare la malnutrizione, un calcolo veloce che può essere effettuato è quello della misura della circonferenza del braccio:
VALORI CLINICAMENTE SIGNIFICATIVI PER MALNUTRIZIONE

MASCHI FEMMINE
≥ 20.1 cm < 22.8 cm malnutrizione lieve ≥ 18.6 cm < 20.9 cm
> 15.2 cm < 20.1 cm malnutrizione media > 13.9 cm < 18.6
≤ 15.2 cm malnutrizione severa ≤ 13.9 cm

Circonferenza media del braccio in adulti sani:
MASCHI: 32 ± 5 cm
FEMMINE: 28 ± 6 cm

La malnutrizione per difetto si ritrova sia nei cosiddetti Paesi del terzo Mondo,sia nei Paesi etichettati come Sviluppati.
Nel primo caso, una patologia importante e dalle gravi conseguenze, che colpisce i bambini tra 1 e 4 anni e di cui tutti abbiamo un immagine nella mente è la Sindrome di Kwashiorkor, legata alla carenza di proteine. Circa 192 milioni di bambini sotto i cinque anni soffrono di questa forma di patologia, di cui l’82% in Asia e il 12% in Africa (restante 6% tra America del Sud e Medio Oriente).
La principale manifestazione clinica nei piccoli malati è il rigonfiamento addominale. Infatti, le proteine del sangue, fisiologicamente, riescono a trattenere i liquidi nel compartimento sanguigno. Quando però esse risultano carenti, il liquido non viene più trattenuto e si sposta invece verso lo spazio intercellulare, dando luogo ad edema.
Altre manifestazioni sono: deficit di anticorpi (anch’essi appartenenti a una famiglia particolare di proteine),colore rossiccio dei capelli e depigmentazione cutanea.
Un altro problema nutrizionale importante è rappresentato dal deficit di vitamina A, che in forma grave può provocare cecità e aumentare fortemente il rischio di mortalità infantile, perché diminuisce la resistenza a malattie infettive come morbillo, diarrea e infezioni respiratorie acute.
Ugualmente, la carenza di iodio è una causa importante di patologia fisica e mentale, con danni cerebrali permanenti, problemi di gotta e malfunzionamento della ghiandola tiroidea. Può colpire già il feto
e i bambini nei primissimi anni di vita, aumentando anche il rischio di mortalità prenatale e infantile e di sottopeso alla nascita. Spesso i bambini nati da donne con carenza di iodio andranno incontro a forme anche gravi di cretinismo.

Nei Paesi Sviluppati, invece, la malnutrizione è per lo più legata all’anoressia ,termine che indica la mancanza di appetito, a causa di diversi tipi di patologie. L’anoressia nervosa è la più popolare, assieme alla bulimia, costituendo importanti disturbi del comportamento alimentare.
Solo in Italia sono 3 milioni le persone (non solo donne) affette da tali patologie - dati comunicati in occasione del Congresso dell'Associazione nazionale dietisti -
Le cause sono da ricercarsi in fattori sociali e psicologici. È stato analizzato mediante tecniche di neuroimaging (quali risonanza magnetica funzionale) come queste persone presentino dismorfofobia (incapacità di percepire obiettivamente il proprio schema corporeo). Sono in studio anche cause genetiche, essendo forte l’associazione in gemelli omozigoti. Infine, ma non ultime, le cause psichiatriche, di cui in letteratura sono stati trattati vari casi in cui si denotava un’associazione di comorbilità tra anoressia e alterazioni nella sfera ossessivo-compulsiva.
Le persone con disturbi del comportamento alimentare vanno incontro a varie gravi complicanze: dalla disidratazione, agli squilibri elettrolitici (che possono portare a gravi danni cardiaci ,tra i quali aritmie e scompenso cardiaco),dall’ ipotermia all’ipotiroidismo, dall’infertlità, alle fratture spontanee.

Con questo primo articolo si conclude, quindi, un incontro più ravvicinato con pazienti i cui disturbi potrebbero essere evitati mediante una sana alimentazione.
L’incidenza di tutte queste patologie può diminuire nel corso del tempo, tramite interventi mirati.
Per le patologie da malnutrizione che si riscontrano nei Paesi del Terzo Mondo, varie organizzazioni come Unicef e FAO stanno conducendo a grandi progressi, progressi di cui anche noi, nel nostro piccolo, possiamo renderci partecipi.
K.M.




AC/DC: presto lo scioglimento












Trema il mondo della musica. Una radio australiana 6PR, ha diffuso nel proprio Paese alcune indiscrezioni riguardanti lo storico gruppo connazionale, gli Ac/Dc. La causa sarebbe la condizione fisica di Malcolm Young, 61 anni, chitarrista e fratello dell’altra chitarra, quella solista, Angus; un ictus avrebbe colpito il fondatore della rock band. Sposata l’idea di fare musica targata Ac/Dc solamente con tutti i membri al loro posto, l’accaduto potrebbe portare ad un improvviso scioglimento dei cinque. La notizia troverebbe conferma nelle parole del cantante Brian Johnson, che aveva ammesso recentemente la malattia di un collega della band, pur non potendo precisare meglio la questione, data la "natura privata" dell'informazione.

Dove circola una voce, però, spesso un'altra le va a ridosso. Se la radio ha fatto notizia, la carta stampata non vuol’essere certo da meno: il giornale “The Australian” sostiene che a partire dal primo maggio, il gruppo è pronto a iniziare una sessione di sei settimane in uno studio discografico di Vancouver. La notizia però non è sta confermata ne tantomeno smentita dai press agent degli Ac/Dc.

Sebbene il gruppo sia considerato universalmente come australiano, quasi tutti i suoi membri sono nativi britannici. Gli AC/DC sono tra i gruppi di maggior successo nella storia del rock: i loro album hanno venduto oltre 200 milioni di copie nel mondo,,di cui oltre 71 milioni nei soli Stati Uniti.

Marco Harmina
mercoledì 16 aprile 2014

Una scuola di terra e bambù

Il progetto Meti School nasce da un giovane architetto tedesco, Anna Heringer, la quale dopo un servizio volontario di otto mesi in Bangladesh, si innamora del posto e delle sue poverissime case di fango. Spinta dalla sua grande passione per l’architettura ecosostenibile, decide di studiare le tecniche di costruzione in terra, mettendo insieme borse di studio e volontariato. Insieme alle idee e al contributo delle famiglie di Rudrapur, cittadina rurale nel nord del Bangladesh, ha realizzato questo edificio per i bambini, uno spazio tutto loro dove poter meditare, studiare ma anche divertirsi.

La scuola è realizzata interamente in terra, paglia e bambù che formano una struttura resistente alle forti piogge del Bangladesh. Gli unici “mezzi” di cantiere ad essere impiegati sono stati i bufali, utilizzati per impastare l’argilla, una vanga e tanta manodopera. L’edifico si articola su due livelli, al piano terra si trovano tutte le aule e delle mini-grotte per il rifugio e il riposo, ricavate tra una parete e l’altra. Al primo piano invece troviamo spazi per le attività di gruppo, come la danza e il teatro e una torre nascosta tra gli alberi, dove i bambini possono arrampicarsi e godere dell’infinito panorama di risaie. L’idea base del progetto è quella di utilizzare materiali locali per sostenere l’economia e dare una formazione agli artigiani del posto, i quali hanno lavorato ben sei mesi a fianco degli esperti europei per imparare nuove tecniche di costruzione. Il materiale utilizzato, la terra, è economico ed ecologico, oltre ad essere un ottimo regolatore di umidità. Perfetta quindi per i climi umidi, calda d’inverno e fresca d’estate, è un elemento essenziale che in più non perde la sua bellezza con il tempo. 

Il progetto ha visto la collaborazione di tecnici e architetti, arrivati dall’Austria e dalla Germania, ed è divenuto subito un’attrazione regionale di intere famiglie che arrivano per ammirarla, a piedi o in risciò, da chilometri di distanza. E’ un grande esempio di rivisitazione di materiali bio e tecniche di costruzione e rappresenta una risposta semplice ad esigenze enormi. La Meti School riempie d’orgoglio i suoi 164 allievi, che l’hanno costruita con le proprie mani, insieme agli insegnanti e ai genitori. L’architetto Anna Heringer li descrive così: <<Per sei mesi, invece di fare sport o pittura, si sono dati da fare nel cantiere come in un laboratorio. E la loro emozione era la nostra. Non riesco ancora a credere che ogni centimetro cubo di questi muri sia stato trasportato sulle nostre teste e modellato dalle nostre mani.>>

Federica Salvatore

Studente morto con un coltello nel cuore

Tragedia a Roma. Nella giornata di martedì è stato trovato morto un ragazzo svizzero, Jonathan Lucas, presso la sua stanza d’albergo sito in zona Torre Rossa vicino l’Aurelia; la causa del decesso è stato un coltello conficcatosi nel petto della vittima, forse lanciato proprio da uno dei suoi coinquilini temporanei, mentre erano intenti a giocare al lancio dei coltelli. Jon, lo chiamavano così gli amici,quegli stessi compagni ora in stato di fermo con l’accusa di omicidio colposo, aveva 16 anni ed era in gita a Roma con la propria scuola, l’ Elysèe di Lisanna, considerata “d’alto livello”; era visto come una piccola “star”, di fatti, godeva di una lieve popolarità nel mondo del web, in particolare quello di Youtube e Instagram. Proprio quella fama, forse, l ha portato ad un gesto così estremo, l’ultimo: sembra sia stato iniziato tutto per gioco, un nuovo video da postare su internet, uno dei tanti in cui il protagonista era sempre lui, Jon, figlio di genitori oramai disperati, accorsi subito in Italia, e fidanzato di una ragazza della sua stessa età, cui aveva mandato un messaggio prima dell’accaduto: “mi manchi tanto”. Un ragazzo come tanti, come i suoi amici, ora sotto shock ed interrogati dalla forze dell’ordine per meglio comprendere l’avvenimento; pare che dalla scena del crimine manchi proprio l’arma del delitto: un coltello con una lama a “farfalla”, molto probabilmente comprato proprio nella Capitale. Un coltello di origini filippine che si apre in tre parti: la lama e le due parti del manico. Un’arma pericolosissima se non la si sa usare ed è per questo che gli investigatori non escludono che lo studente svizzero possa aver fatto tutto da solo maneggiando incautamente il coltello. Un gioco finito male, un incidente dopo una lite: Jonathan è morto dissanguato martedì sera alle 23. Quando è arrivata l’ambulanza del 118 chiamata dalle suore, il cuore del giovane aveva già smesso di battere: pur facendo il possibile per rianimare il sedicenne, il personale medico non ha potuto far altro che constatare il decesso. La classe e gli insegnanti al seguito sono tornati a casa, mentre i genitori degli indagati e della vittima sono saliti sul primo aereo disponibile per raggiungere i propri figli.

Marco Harmina

Fecondazione eterologa: La Corte Costituzionale boccia la Legge 40

Ieri 9 aprile 2014, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la norma della legge 40 che vieta il ricorso a un donatore esterno di ovuli o spermatozoi nei casi di infertilità assoluta. La norma scardinata in ogni suo punto, risulta illegittima negli articoli 4, comma 3, 9, commi 1 e 3 e 12, comma 1, relativi al divieto, in caso di infertilità assoluta, di ricorrere a un donatore di gameti o spermatozoi, esterno alla coppia. Sarà quindi lecita l’ovodonazione volontaria, mentre qualsiasi uomo fertile potrà donare il proprio seme. Grazie alla sentenza della Corte Costituzionale, oggi, l’Italia della civiltà è un po’ più vicina all’Europa. Viene meno, in questo modo, uno degli ultimi tabù imposto dalla normativa italiana e si riacquista un uguale diritto ad essere genitori. Si abbatte quel limite illegittimo, sociale ed economico che per 10 anni ha escluso molte persone dall’accesso alle tecniche di fecondazione assistita: chi aveva disponibilità economica, andava in un paese con diversa legislazione. Solo nel 2012, sostiene l’Osservatorio sul Turismo Procreativo, sono stati fatti circa 4.000 “viaggi della speranza” di coppie italiane all’estero per ricevere la fecondazione medica assistita. 

La legge, promulgata nel febbraio 2004, si proponeva di risolvere problemi di fecondazione assistita delle coppie italiane, ma ha avuto un percorso incongruente e travagliato. Sottoposta a circa 29 interventi dei Tribunali, ha dovuto più volte ristabilire i diritti quali la legittimità della indagine genetica pre-impianto, per portatori di malattie genetiche trasmissibili, obbligo di impianto di tre embrioni prodotti contemporaneamente e tutela della salute della donna. La questione sull’indubbia legittimità della legge è stata sollevata da tre coppie di Firenze, Milano, Catania che non potendo permettersi di andare all’estero per seguire il sogno di avere un figlio, si sono rivolti ai tribunali delle rispettive città nel 2010. In realtà, già nel 2005, la questione venne sollevata con un referendum abrogativo che però non raggiunse il quorum.

Dissonanti sono le reazioni alla notizia dei politici. La ministra della salute Beatrice Lorenzin afferma «quello che possiamo fare sul piano parlamentare lo facciamo, quello che richiede una riflessione più profonda, perché la legge 40 è stata del tutto svuotata, necessita di un intervento parlamentare». «Aspettiamo di poter leggere le motivazioni» della sentenza - ha aggiunto - «anche se dobbiamo capire tutte le implicazioni che ne derivano». La ministra ha inoltre osservato che in Italia non si è ancora attrezzati riguardo «l’anonimato di coloro che cedono i gameti», «il diritto dei bimbi che nasceranno ad essere informati di chi sono i loro genitori», «il tipo di analisi da fare per chi cede i gameti». Queste, per il ministro, «sono materie complesse che non possiamo risolvere con una cosa amministrativa». Pertanto, «è giusto che il parlamento faccia la sua parte e dia delle scelte di fondo su questi temi». Di contro per il legale vicino al Pd «è grave che il ministro dica che serve intervento parlamentare. È, al contrario, doveroso che il governo dia immediata attuazione alla pronuncia della Corte». 

Le senatrici di Sel Loredana De Petris e Alessia Petraglia, responsabile welfare del partito l’hanno definita “un’ottima notizia”, e «finalmente è stato restituito il sacrosanto diritto per tutti alla maternità e alla paternità». Non mancano, naturalmente critiche che arrivano dal mondo cattolico: Famiglia Cristiana parla di “fecondazione selvaggia per tutti” e di “ultima follia italiana”. Gli esponenti di area cattolica esprimono i loro sconcerti e dispiaceri che si riflettono sulla vita del nascituro che non potrà crescere con i genitori naturali.
Della legge 40 restano quindi in vigore norme relative al divieto di accesso alle tecniche di fecondazione assistita per i single e le coppie dello stesso sesso e il divieto di utilizzo degli embrioni per la ricerca scientifica e revoca del consenso.Grazie alla avvenuta dichiarazione di illegittimità di questa norma, si riesce cosi a superare il pregiudizio sin’ora posto dalla discriminatoria legge 40, di ridurre la genitorialità alla condivisione di patrimoni genetici e si restituisce a tutti la possibilità, il diritto di esser eguali genitori.




Francesca Pistolini

Ciao, tu lo conosci TED?

Il riferimento ad una celebre battuta della nota sitcom americana How i met your mother nasce spontaneo. TED (acronimo di Technology Entertainment Design) è il network di conferenze più influente del mondo. Valerio Bazzan su pagina99 l’ha definito il “Bilderberg delle idee”, della cultura mondiale. E non a torto. Le menti più brillanti degli ultimi 30 anni sono passate di qui. Da Bill Gates a Steve Jobs, giusto per richiamare due nomi noti all’immaginario collettivo. Quello che accomuna tutte i relatori da tutto il mondo sono appunto le idee. Da condividere e su cui collaborare. E sono proprio la condivisione e la collaborazione, oltre naturalmente l’innovazione, i principi cardine dell’iniziativa. Ideas worth spreading.

Nel 2014 TED compie 30 anni. Nasce infatti nel 1984 dall'iniziativa di Richard Saul Wurmann, un designer americano che cercava di creare un luogo di incontro tra tecnologia e nuovi media. Nel 2002 il passaggio di consegne all’imprenditore tecnologico Chris Anderson. Ma come funziona? Spieghiamo prima di tutto l’accostamento al Bilderberg. La quota annuale per partecipare fisicamente alle conferenze che si tengono in gran parte tra gli Stati Uniti e il Canada (solo da pochi anni si tiene un TED-global in UK) è di 6000$. Ma ciò che lo distingue nettamente dalla temuta riunione segreta è l'apertura dei contenutited.com contiene quasi 2000 interventi, tutti disponibili gratuitamente. Economia, tecnologia, ambiente, salute, politica sono solo alcune delle tags rintracciabili.

Tempo di durata dell'intervento improrogabilmente entro i 18 minuti. Argomentazioni quindi mirate, chiare e quanto il più possibile coinvolgenti. Una modalità di presentare che sta influenzando lo stesso concetto di conferenza. Un vero e proprio strumento di globalizzazione della conoscenza. Una diffusione molto efficace grazie soprattutto al sistema di traduzione (le conferenze sono sottotitolate e i contenuti tradotti in 21 lingue, tra cui l'italiano) che permette la comprensione anche ai meno avvezzi all'inglese. Una fonte di informazione non convenzionale e altamente competente che permette a chiunque di tenersi aggiornato sui risultati più innovativi che si stanno raggiungendo nel campo della ricerca. Non la classica lezione accademica, ma uno sguardo reale e creativo al mondo delle idee e di quello che nel futuro potrebbe essere la quotidianità.

domenica 6 aprile 2014

Quanti schiavi lavorano per te?

"Considera che costui, che tu chiami tuo schiavo, è nato dallo stesso seme, gode dello stesso cielo, respira, vive, muore come te! Tu puoi vederlo libero, come lui può vederti schiavo.È uno schiavo. Ma forse è libero nell'animo. È uno schiavo. E questo lo danneggerà? Mostrami chi non lo è: c'è chi è schiavo della lussuria, chi dell'avidità, chi dell'ambizione, tutti sono schiavi della speranza, tutti della paura.” Seneca, epistola 47 (circa 2014 anni fa)

Ti sei mai posto questa domanda? Quanti schiavi lavorano per te? Nel mondo ci sono 30 milioni di persone che lavorano in condizioni di schiavitù, non bisogna nemmeno andare lontano, pensare al paese più povero dell'Africa basta infatti pensare ai campi di pomodori o altri prodotti agricoli del sud/ nord Italia presenti nella filiera delle multinazionali alimentari. Ai vari tipi di schiavitù elencati da Seneca si può aggiungere un nuovo tipo di schiavitù : la schiavitù del consumismo, consumata nei sempre più numerosi mega centri commerciali. Se ancora non sai rispondere alla domanda iniziale o pensi che sia una domanda ridicola nel 2014, puoi trovare una risposta su questo sito: Slaveryfootprint.org .

Il sito è stato lanciato nel 2011 dall'organizzazione non-profit omonima di James Dillon insieme al Dipartimento di Stato americano contro la schiavitù, ed è stato usato nel 2013 da quasi due milioni di persone. Attraverso un test composto da 11 step , molto ben strutturato graficamente, il sito aiuta ad effettuare questo calcolo. Si inserisce la città di provenienza, il tipo di casa in cui si abita solitamente e poi tutti gli oggetti che caratterizzano la vita quotidiana. Tutti i dati inseriti vengono sommati per dare il risultato finale. Il sito spiega anche in che modo viene calcolato questo risultato: viene fatta un' analisi dell’utilizzo medio del lavoro forzato in più di 400 prodotti delle marche più famose, un algoritmo stabilisce poi il numero minimo di schiavi costretti a produrli. Il sito poi sottolinea quante persone sono schiavizzate dalla prostituzione e dalla droga, anche le nostre abitudini che teniamo nascoste sono figlie della schiavitù. Nella pagina del risultato finale leggiamo che il sito ci vorrebbe fornire il nome dei marchi sicuri, quelli che sicuramente non utilizzano la schiavitù per produrre i loro prodotti, ma ancora non possono perchè la lotta contro la schiavitù non è una priorità nell'attuale sistema economico. Per approfondire ulteriori aspetti della schiavitù ai giorni nostri si può visitare questa pagina nel blog Made in a free world padre del sondaggio. Leggendo l'etichetta della prossima t-shirt che acquisterai avrai uno spunto in più per riflettere.


                                                                                                               
                                                                                                             Augusto Piazza

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