Archive for 2014-02-23

El Chapo: una lezione anche per l'Italia

“Conta più di un ministro e forse persino più di un Governo”. Roberto Saviano su Repubblica lo scrive di Joaquin Guzman Loera  , boss messicano del narcotraffico, conosciuto anche come “El Chapo”.  E la sua non è solo una storia di droga, criminalità e potere. Quella del re del narcotraffico degli ultimi 10 anni almeno, è la storia del Messico e della sua economia. La notizia e l’attenzione con cui è stato seguito il suo arresto nel suo paese lo scorso lunedì (ndr 24 febbraio 2014) da parte dell’esercito messicano con il supporto della DEA americana è stata relegata, qui in Italia, tra i tanti fatti di cronaca estera. Ha fatto più rumore l’acquisizione di Whatsapp da parte di Zuckerberg, assumendo, questa si, le caratteristiche di una notizia economica predominante.

Le parole spese riguardo il peso dell’attività criminale sull’economia italiana sono state tante (secondo dati del 2010, le associazioni mafiose sottraggono ca il 16% del Pil, fonte Banca d’Italia). Ciò di cui deficitiamo è la presa di coscienza di questa situazione. È proprio questo dato di fatto che ci riporta all’arresto de “El Chapo”. Seguito con trepidazione e attesa da tutti i messicani, la sensazione è che quella consapevolezza nel paese centroamericano esiste. Avere la coscienza di assistere ad un evento importante anche economico. Sicuramente non finirà con questo pur fondamentale passo la quotidiana guerra alla droga, ma quello che qui preme sottolineare è la centralità di un episodio di criminalità che parallelamente si riconosce come una variabile economica di non poco conto.

Non siamo il Messico, certo. Ma siamo sicuri di essere così lontani dal non poter trarre una lezione dagli avvenimenti d’oltreoceano? Ormai le storie di criminalità organizzata fanno parte della cronaca nazionale (l’agguato di Arzano e la confisca di beni per 11 milioni di euro ad un boss calabrese sono sulle home page delle principali fonti di informazioni). Ma non basta. Quello che manca è una sua rilevanza primaria nel dibattito pubblico e la consapevolezza  del fatto che sia un problema di carattere economico e quindi urgente, data la particolare situazione del paese. Più degli sprechi nelle opere pubbliche (se non esse stesse terreno di avanzamento dell’influenza criminale), più degli sprechi della politica, più della nomina di un ministro dell’Economia. Tutte buone cause da affrontare in un paese democratico, ma non si può prescindere da un’ampia e continua riflessione sul fenomeno mafioso se si vuole continuare ad usare quell'aggettivo per l’Italia.


Per questo la vicenda de “El Chapo” va considerata un’importante notizia (economica) anche in Italia. È proprio l’attenzione posta dai suoi connazionali che può essere una lezione per il sistema italiano; capire che le associazioni mafiose in Italia e i suo associati sono i nostri Guzman. Contano come i governi e continuano ad operare mediaticamente e pubblicamente indisturbati. È un problema socialmente ed economicamente rilevante. Sta alla nostra capacità di valutazione decidere se prioritario. Partendo dal riconoscere che questo è un problema reale.

Luca Michele Piscitelli

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giovedì 27 febbraio 2014

“Dareste il vostro cappotto a Johannes?”

Sta letteralmente spopolando sul web il video-iniziativa del gruppo Sos Children’s Villages, associazione umanitaria norvegese volta alla protezione infantile; il filmato è stato ideato per sensibilizzare il mondo alle estreme situazioni e condizioni in cui sono costretti a vivere, anzi, a sopravvivere i bambini siriani . Il titolo dello spot è “Dareste il vostro cappotto a Johannes?” e mostra una via della città di Oslo in pieno inverno con tanto di neve e vento gelido, in cui un bambino, appunto Johannes, sta aspettando, seduto ad una fermata, l autobus. Non possedendo né un cappotto, né dei guanti, né tantomeno una sciarpa, naturalmente il protagonista, che si è presentato ai provini come volontario e che è sempre stato sotto la sicura osservazione e protezione degli addetti alla regia, assai pativa il clima torrido.  Altre persone si fermano per aspettare l’autobus. Lo guardano increduli. Non sanno se intervenire.

All’inizio sono tutti quanti titubanti, preda dell’imbarazzo e della timidezza, ma poi, con il passare dei minuti, a differenza della neve che fa da cornice alla scena, il cuore dei passanti si scalda davanti ai tremolii di un bambino indifeso, donandogli così un indumento per scaldarlo: chi i guanti, chi il cappotto, chi lo scialle. La scena è così toccante che gli spettatori dell’ immagine si sentano egoisti ed allo stesso modo in colpa per essere loro stessi al caldo, mentre un creatura “inferiore” fisicamente a loro stava patendo il freddo.
Il portavoce dell’organizzazione, Synne Ronning, dopo aver partecipato e visto di persona i risultati dell’esperimento ha poi confermato di essere sbigottito perché “la gente dovrebbe occuparsi altrettanto dei bambini in Siria”. La Sos Children’s Villages ha distribuito solo negli ultimi due mesi, migliaia di cappotti e abiti caldi alle famiglie dei rifugiati, che aumentano di giorno in giorno: almeno 2 milioni e mezzo sono fuggiti in cerca di un posto in cui rifondare le proprie radici. Ronning afferma che, anche se non si risolveranno mai le cose con un cappotto, almeno questo sarà utile ad un bambino, sicuramente gli darà conforto.


Bisogna fare i complimenti all’associazione che, in un periodo come questo in cui la malvagità, la calunnia e la disonestà sono valori che fanno da padroni al momento stesso, è riuscita a mostrare che al mondo c’è ancora qualcosa di buono, ci sono ancora persone pronte a togliersi il proprio cappotto e rimanere a maniche corte solo per consegnarlo ad un bambino che, di fatto, è un perfetto estraneo. Sono scene che fanno bene al cuore. Vorremmo che i nostri figli vedano solo azioni del genere come pubblicità del nostro mondo, per documentare che infine l’essere umano, non è poi così male.

“Fate l’amore, non la guerra”.

Marco Harmina

In piazza anche le imprese. Le ragioni della protesta.


Cambiano i governi (e non per scelta degli italiani), ma i malumori rimangono. Si sono riunite la scorsa settimana a Piazza del Popolo in Roma, per la prima volta nella storia, le 5 associazioni che difendono i diritti dei lavoratori e degli imprenditori italiani, sindacati aderenti alla Rete Imprese Italia; si parla di Confcommercio, Confartigianato, Confesercenti, Cna e Casartigianato. “Senza impresa non c’è Italia. Riprendiamoci il futuro!”, questo lo slogan delle piccole e medie imprese, stanche di vivere da molto tempo con l’incubo reale ed imminente della bancarotta. Tra la rabbia e la disperazione che hanno fatto da protagoniste in quest’evento, non sono mancate però le proposte da parte dei rappresentanti: il leader di Confartigianato, Giorgio Merletti, sfoga la propria frustrazione dal palco rivolgendosi a tutta la politica generale, ma soprattutto al nuovo governo. Merletti urla non solo proposte, ma anche insulti e la minaccia che se non dovessero essere ascoltati, lui e le persone da lui rappresentate, scenderanno in piazza di nuovo, con l’intenzione di ricevere importanza ma soprattutto udienza. Subito dopo è la volta del presidente di Casartigianato, Giacomo Basso, che ha inneggiato la folla, senza troppe cerimonie, a farsi sentire, a dar voce alle proprie preoccupazioni: «Basta, basta. Fatevi sentire: vale più un urlo di tanti discorsi». Basso, infine, ha poi voluto ringraziare il lato rosa della manifestazione e del mondo del lavoro salutando le “donne artigiane”. Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, con il suo discorso ha voluto portare all’attenzione di tutti come la politica abbia più volte “dimenticato” le proprie responsabilità nei confronti delle imprese: “Il programma parla di noi come il motore e l'architrave del Paese e poi, passata l'emozione le riforme tornano nel congelatore. Per questo chiediamo rispetto”. Sangalli ha poi richiamato alla memoria delle 60mila persone presenti, tutti quegli imprenditori che purtroppo hanno perso la vita a causa della crisi, schiacciati dalla crudele realtà di non esser più capaci di sfamare la propria famiglia, perdendo il lavoro prima, la dignità poi. Simili a quelli dei suoi predecessori sono stati i discorsi di Daniele Baccarino, leader della Cna, e di Marco Venturi, presidente di Rete Imprese Italia, nei quali esortavano il prossimo governo a contattarli e a prendere in considerazione una grande fetta di Italia (la piccola impresa rappresenta il 94% del tessuto produttivo), sepolta dalle spese senza ricevere un guadagnato discreto.

Da brividi sono i dati pubblicati dall’Ansa in cui si spiega che egli ultimi cinque anni hanno chiuso circa 1.000 aziende ogni giorno, la ricchezza prodotta dall'Italia e' diminuita del 9%, la disoccupazione e' raddoppiata, passando dal 6,4% al 12,7% per un totale di 1,2 milioni di disoccupati in più.

Si salvi chi può.
Marco Harmina

UN BEL RISVEGLIO, ISTRUZIONI PER L’USO

- Alzarsi dal letto e andare a pisciare

- Accendere il computer senza lavarsi la faccia

- E scrivere scrivere scrivere…che è un po’ l’unico modo di parlare da soli senza essere presi per pazzi

Buongiorno a chi da un po’ aveva deciso di fare a meno dell’amore e ora all’improvviso si accorge che decisioni così hanno le gambe corte.



Buongiorno a chi dopo una vita d’inferno ha detto: “No, così no, non ci sto”. E ora che è riuscito a dire basta è confuso e stupito.

Buongiorno a chi vorrebbe stare da un’altra parte, ma sa che se ci andasse vorrebbe ritornare al punto di partenza.

Buongiorno a chi non se la sente, non se la sente e basta. E pensa che quando è così: AFFANCULO TUTTI.

Buongiorno a chi non ne può più e ogni mattina che apre gli occhi pensa: “Oggi scoppio. Oggi scoppio”. E poi non scoppia mai.

Buongiorno a chi c’ha messo una vita a costruirsi una corazza e ancora adesso, che è vecchio e solo, non capisce che è arrivato il momento di sfilarsela.

E come tutte le mattine, buongiorno a chi ha il cuore pieno di parole, belle o brutte non importa, ma l’unica cosa che gli esce di bocca è: “IO VADO…
domenica 23 febbraio 2014

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