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Curitiba, tra sostenibilità e partecipazione.

Curitiba è una città situata nel sud del  Brasile che ha subito, dagli anni Cinquanta a oggi, una notevole crescita demografica e tutti i problemi di degrado umano e ambientale che ne derivano: la disoccupazione, lo sfruttamento, le malattie, la corruzione, la criminalità, la congestione del traffico, l’inquinamento. Il sindaco in carica, nel 1964, decise allora di istituire un concorso d’idee aperto ad architetti e ingegneri al fine di creare un nuovo piano per la città, un modello urbano in grado di valorizzare al massimo le risorse umane e quelle del territorio. Venne fuori molto di più. Nel 1971 Jaime Lerner, esperto di architettura e urbanistica, divenne sindaco della città, e insieme con altri esperti, creò l’Instituto de Pesquia e Planejamiento Urbano de Curitiba (IPPUC), ovvero l’ente di pianificazione e ricerca urbana. I punti del programma erano semplici e chiari: buon senso e creatività, partecipazione dei cittadini, soluzioni poco costose, semplici ed ingegnose, democrazia e buona amministrazione.

Il primo intervento ha riguardato l’assetto urbanistico e la mobilità. Invece di sventrare il centro storico, Lerner decise di ristrutturare le strade esistenti, limitando al massimo l’abbattimento degli edifici, creando un sistema di cinque assi principali: ampie strade a senso unico che convogliano il traffico e quella di mezzo riservata agli autobus, trasformati in una metropolitana di superficie. Il risultato è una copertura capillare del territorio con il 79% della popolazione coinvolta, quindi una notevole diminuzione delle auto private, minor traffico, maggiore vivibilità urbana. Il secondo intervento ha riguardato l’acqua, il territorio e l’ambiente: una sorta di “agopuntura urbana” con micro interventi realizzati in nodi nevralgici della città, in grado di propagare gli effetti positivi negli altri punti difficili, la realizzazione di piccoli ecosistemi verdi su vecchi terreni lacustri, destinati a parchi, aree boschive e spazi pubblici. Iniziative particolari come quelle destinate agli abitanti delle baraccopoli, cui sono distribuiti piccoli appezzamenti di terreno dove costruire case e realizzare orti per l’autoproduzione. Il progetto “Green Exchange” , che prevede un furgoncino comunale che consegna ticket per l’autobus o per il teatro, in cambio di rifiuti. Ogni famiglia ottiene in cambio di 4 Kg di rifiuti differenziati, 1 Kg di frutta e verdura, acquistata dal comune ai contadini locali, in modo da sostenere le aziende agricole del territorio. Il programma è rivolto anche ai bambini, che in cambio di materiale di riciclo ottengono giocattoli, dolci o attrezzatura per la scuola. Il risultato è la raccolta differenziata del 70% di spazzatura prodotta, il cui ricavato è reinvestito nella città, attraverso programmi di utilità sociale o riciclaggio, come gli autobus dismessi dal trasporto pubblico che vengono riutilizzati nelle favelas come centri culturali, sale lettura o aule. Il terzo intervento, infine, rivolto alla salute e all’istruzione. Furono creati i “fari del sapere”, cioè costruzioni a forma di faro, contenenti biblioteche di 7000 volumi, torri luminose e colorate ad altissimo impatto visivo e simbolico. E ancora 200 centri di accoglienza, che offrono assistenza e pasti gratuiti alle famiglie a basso reddito.

Gli abitanti di Curitiba godono di un sistema di governo caratterizzato da trasparenza e responsabilità. Un governo che, grazie alla collaborazione reale e al sostegno dei cittadini, si sforza di ricercare soluzioni semplici, economiche, rapide e divertenti. Uno, forse l’unico, dei progetti di trasformazione e rinascita della città riusciti al giorno d’oggi. Dopo circa trenta anni di buona amministrazione, la qualità della vita di Curitiba è una delle più alte al mondo, l’efficienza dei trasporti, la disponibilità dei servizi pubblici, l’abbondanza di verde, la diffusione dell’istruzione, la gestione dei rifiuti e il coinvolgimento della popolazione la rendono un vero modello di città sostenibile, forse poco conosciuto al di fuori dei confini brasiliani.

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Federica Salvatore

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