Archive for 2014-05-04

Francia: una donna allenerà il Clermont



Helena Costa (Foto da Wikipedia)
Per la prima volta una donna allenerà una squadra di Ligue 2, la Serie B francese: si tratta della portoghese Helena Costa, 36 anni, scelta per la prossima stagione dal Clermont-Foot, squadra della città di Clermont-Ferrand. La scelta della società è stata figlia del nuovo progetto portato avanti con fermezza e innovazione dal presidente Claude Michy, che ha dichiarato: “Questa nomina permetterà alla squadra di entrare in una nuova era, avendo come base i 17 giocatori sotto contratto. A questi, verranno aggiunti giovani cresciuti nel club''. A sorprendere non è solo il sesso della neo “mister”, quanto l’età

A ben 36 anni, età in cui molti dei suoi colleghi maschili farebbero non poca fatica a guidare una squadra professionistica, la Costa vanta un curriculum di tutto rispetto: laureata in Scienze sportive con il massimo dei voti per poi lavorare prima come assistente nelle giovanili tra le file del Benfica, poi come allenatrice nei Pulcini, sempre alla corte dei neocampioni di Portogallo. Nel 2005 ha dimostrato di essere una vincente alla guida del Cheleirense, vincendo il campionato regionale. La vittoria è stata determinante per approdare, l’anno successivo, nel calcio femminile, ma non in maniera definitiva: la Costa firma un contratto con i Leixoes prima e i Celtic poi, con il ruolo di talent scout. Quattro anni più tardi arriva la chiamata del Qatar che la vuole assolutamente a rappresentanza della panchina nazionale femminile, opportunità che Helena coglie con grande entusiasmo, tant’è che, terminata l’esperienza di due anni come c.t., è ben felice di proseguire il lavoro sulla panchina dell’Iran. Ora è atterrata in Francia per una nuova avventura calcistica. 

I più informati ricorderanno la prima donna italiana ad approdare nel nostro campionato. L’idea fu di Luciano Gaucci, ai tempi presidente della Viterbese (Serie C1) nel 1999. La prescelta fu Carolina Morace che resistette appena due giornate, una vittoria ed una sconfitta, presentando proprio lei le dimissioni a causa dell’esonero voluto da Gaucci della sua assistente Betty Bavagnoli.
      
Marco Harmina

venerdì 9 maggio 2014

No, non sono in sovrappeso, è che ho diciotto centimetri in meno di altezza


“La società è composta di due grandi categorie di persone: chi ha più cibo che appetito e chi ha più appetito che cibo". Rubiamo la frase da Nicolas Chamfort, scrittore francese del XVIII secolo, che (e in particolar modo la prima parte), per trattare di un grave problema che sta raggiungendo dimensioni enormi a livello mondiale: l’obesità. Per obesità si intende una condizione caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso corporeo, a causa di una malnutrizione per eccesso, in relazione anche ad un’attività fisica insufficiente. Si associano poi diversi altri fattori, tra cui quelli genetici, che però sono ancora sotto studio e di cui si ipotizza una causa poligenetica.


La situazione mondiale risulta essere allarmante: l’11% della popolazione è obesa e circa 40 milioni di bambini al di sotto dei 5 anni si trovano già in una situazione di sovrappeso. In Italia, 4 adulti su 10 sono in eccesso ponderale. Gli uomini, più frequentemente presentano un tipo di obesità definito “centrale”, con accumulo di grasso nelle parti alte del corpo (collo, spalle, addome al di sopra dell’ombelico),mentre le donne presentano obesità di tipo “periferico”, nelle parti basse del corpo (addome al di sotto dell’ombelico, fianchi, cosce). Sfatiamo poi il mito che l’obesità è un problema delle persone agiate: un gran numero di obesi sono, anzi, facente parte della media/bassa fascia socioeconomica, con consumazione di cibi meno sani, a favore invece di quelli più ricchi in grassi.

Come ci si può accorgere di star entrando nel gruppo dei “sovrappiù”? Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, un soggetto viene considerato sovrappeso o obeso in relazione al suo indice di massa corporea (BMI, dall’inglese Body Mass Index). Il BMI viene espresso come rapporto tra peso (espresso in kg) e quadrato dell'altezza di un individuo (espressa in metri). Si potranno quindi avere diversi risultati, confrontabili con la sottostante tabella:

  • Obesità di III classe (gravissima )         BMI ≥ 40,00
  • Obesità di II classe (grave)                  35,00<BMI<39,9
  • Obesità di I classe (moderata)              30,0<BMI< 34,9
  • sovrappeso                                          25,0<BMI<29,9
  • Regolare (peso ideale)                         18,5<BMI<24,9

Ricordiamo, comunque, che il BMI non fornisce alcuna indicazione sulla composizione corporea, perché non tiene conto dell'ossatura e della muscolatura: un soggetto dotato di muscolatura e/o ossatura possente potrebbe apparire sovrappeso pur essendo in effetti normopeso. È necessario, quindi, analizzare in modo più preciso il proprio valore di massa grassa e ciò è reso possibile dall’uso di varie tecniche, come ad esempio la Pesata idrostatica la Plicometria ,le misure bioimpedenziometriche.

Il risvolto più tragico di questo status è rappresentato dalla vasta gamma di malattie di cui l’obesità è un importante fattore di rischio: patologie più note ,come quelle cardiovascolari, ma anche apnee notturne, diabete mellito di tipo II, malattie del fegato e della colecisti; arrivando fino a patologie la cui associazione è meno nota alla maggior parte della popolazione, come il cancro della mammella, la gotta, l’irsutismo. Ricordiamo, poi, che anche se un Musical, diventato pure un film, diceva: “Grasso è bello”, il risvolto psicologico non è da sottovalutare in questi pazienti. Le persone in sovrappeso, e tanto più quelle obese, vengono relegate ai margini delle relazioni sociali. In special modo, l’isolamento risulta evidente nei bambini, che crescono così in una situazione di disagio, con un rapporto squilibrato verso il proprio corpo, raggiungendo, a volte, anche gli estremi opposti: anoressia e bulimia (descritte nell’articolo precedente, riguardante la malnutrizione per difetto ndr). Proprio per migliorare questa situazione in picchiata, la Comunità Europea ha stabilito un piano d’azione a cui tutti i membri dovranno rispondere per cercare di far rientrare l’emergenza: l’Action Plan on Childhood Obesity 2014-2020. Nonostante i numerosi piani messi a punto dai vari Paesi, però, il traguardo del peso forma per molti è ancora lontano: si deve cominciare dall’educazione alimentare infantile. D’altronde, come diceva Francois de La Rochefoucould:” Mangiare è una necessità, mangiare intelligentemente è un’arte”.

Per ulteriori approfondimenti riguardanti l’argomento, potete visitare il sito:

K.M.

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Frida Kahlo e la mostra alle Scuderie del Quirinale

La mostra in esposizione alle Scuderie del Quirinale fino a luglio, indaga l'artista messicana nel suo rapporto con i movimenti artistici dell'epoca, dal Modernismo messicano al Surrealismo internazionale, analizzandone le influenze sulle sue opere. Alle Scuderie si presenta l'intera carriera artistica di Frida Kahlo riunendo Oltre 40 straordinari capolavori. 

Magdalena Carmen Frida Kahlo y Calderón diceva di essere nata nel 1910, anno di inizio della Rivoluzione messicana, mentre in realtà era nata il 6 luglio 1907 a Coyoacán. Le sue opere, soprattutto i suoi ritratti sono molto spesso carichi degli aspetti drammatici della sua vita, il maggiore dei quali è il grave incidente di cui rimane vittima nel 1925 mentre viaggia su un autobus e a causa del quale riporta la frattura del bacino. Questo evento cambiò drasticamente la sua vita e la rinchiuse in una profonda solitudine che ebbe solo l'arte come unica finestra nel mondo. A seguito dell'incidente Frida viene costretta a mesi di riposo nel suo letto di casa con il busto ingessato. Il suo primo soggetto è il suo piede che riesce ad intravedere tra le lenzuola. Sono anni di profonda sofferenza fisica e turbe interiori (subirà più di 32 interventi), in cui inizia però sia la sua formazione artistica che come attivista del partito comunista. Nei periodi successivi alla sua degenza, Frida incontra e si innamora dell'uomo che diventerà la sua "guida" professionale e di vita Diego Rivera (anche lui noto pittore). Quando Frida incontra Diego, lui è un uomo pesante, gigantesco, Frida lo prende in giro chiamandolo “elefante”: è già stato sposato due volte e ha quattro figli. Il 21 agosto del 1929 si uniscono in matrimonio. Lei ha 22 anni, lui quasi 43. La loro tempestosa relazione è fatta di infedeltà, screzi dovuti alle reciproche carriere, litigi continui, tanto che la stessa Frida dichiarerà nella sua vita di aver avuto due incidenti, uno causato da un tram e l'altro da Diego: "L'incidente con il tram mi ha lasciato paralizzata fisicamente mentre quello con Rivera mi ha paralizzato emotivamente”. Eppure, nonostante tutto, Diego Rivera rimase per Frida il grande amore della sua vita. Con lui condivise la passione per l’arte, l’orientamento politico e un affetto reciproco capace di persistere anche nei momenti più critici della loro relazione. Al centro delle opere dell'artista messicana però oltre all'amore (ben rappresentato dalle varie opere che la ritraggono con il marito, es " Diego e me ") si indaga il rapporto ossessivo con il suo corpo martoriato e il trauma interiore che due aborti e la mancata maternità (a causa delle sue precarie condizione fisiche a seguito dell'incidente) le hanno procurato. A partire dal 1938 l'attività pittorica s'intensifica: i suoi dipinti non si limitano più alla semplice descrizione degli incidenti della sua vita, parlano del suo stato interiore e del suo modo di percepire la relazione con il mondo.

Frida durante tutta la sua carriera artistica si è avvicinata a molte correnti, più rilevanti fra tutte senz'altro l'arte pittorica folkloristica messicana e il surrealismo di Andrè Breton. Quello che può essere considerato il suo lavoro più surrealista è il quadro "Ciò che l’acqua mi ha dato": immagini di paura, sessualità, memoria e dolore galleggiano nell'acqua di una vasca da bagno, dalla quale affiorano le gambe dell’artista. Nel 1944 dovette indossare un busto d’acciaio e questo episodio la portò a dipingere un altro dei suoi quadri più noti, «La colonna spezzata».  Nel 1953 il Messico – il suo Paese - le dedicò una mostra personale, Frida stava così male che vi si recò in ambulanza e accolse gli ospiti sdraiata nel proprio letto a baldacchino (che per l’occasione era stato portato nella galleria espositiva). Fu un successo enorme. 
Frida morì poco dopo a Coyoacán il 13 luglio 1954, nella stessa casa – la casa azzurra – che le aveva dato i natali e che oggi è divenuta il Museo Frida Kahlo Certo.

Grande donna e pittrice, usò la pittura per raccontare sé stessa, e nel farlo raccontò anche la disabilità. Mostrò il suo corpo sanguinante, ferito, ingabbiato negli apparecchi ortopedici, in frantumi, in lacrime, sorretto dalla sedia a rotelle o con le stampelle. Ma in tutte queste rappresentazioni Frida non abbassò mai lo sguardo, non smise mai di fissare lo spettatore. Il suo volto è sempre rivolto verso di noi, fiero anche quando si ritrae nei momenti più carichi di tragicità. C’è uno sguardo che non cede, che non consente di ridurre la persona al suo dolore, neanche quando è proprio il dolore il messaggio più esplicito dell’opera.

Frida per l’intera vita porterà con se un dolore continuo e lacerante ma nonostante le trentadue operazioni, inneggerà sempre alla vita, con quella allegria che ha sempre ostentato in pubblico.

Elena Guglielmino

Stage of mind

Il viaggio della mente, prende forma.

Creare, dare forma e costruire. L’artista coreana Jee Young Lee riesce pienamente nell’intento: mettere a nudo la sua personalità, distruggere le barriere psicologiche e costruire, nel vero senso del termine, ambienti psichedelici e a tratti surreali. Fotografie quelle della trentenne, naturali, al riparo dalla manipolazione digitale, frutto esclusivamente delle sue mani. Stage of mind è la serie delle sue creazioni in mostra a New York nel prossimo mese di luglio dal 21 al 27, serie a cui l’artista lavora dal 2007. E’ il prodotto di fiabe coreane, ricordi d'infanzia e storie occidentali (fra cui anche alcune opere di Shakespeare). In un piccolissimo studio trasformato in un mondo onirico,  il tempo di creazione delle sue “atmosfere” può variare da qualche giorno a mesi interi. Ultimato il lavoro, la coreana si lascia fotografare nelle sue creazioni, sempre in una posizione centrale, privilegiata,  senza mai guardare l’obiettivo. Ed è oltre l’obiettivo che c’è un mondo spesso inesplorato, che viene fuori pian piano, parallelamente agli ambienti che prendono forma. Un viaggio interiore, volto a scoprire  le origini di un Io influenzato da tutto ciò che lo circonda e gli angoli remoti della mente. La serie Stage Of Mind è un fantasioso microcosmo in cui l’artista proietta se stessa all’interno di stati emozionali, che finiscono  per diventare i protagonisti di ogni scatto. Ogni scena è fatta di particolari realizzati a mano in uno spazio poliedrico, proiettore di moti interiori. Un lavoro, in sostanza, che raccoglie preoccupazioni, errori, sorprese, sogni e processi di maturazione. Narrare e drammatizzare la propria storia personale. Il soggetto del lavoro è la riflessione  sul singolo in relazione alla società in cui vive e come individuo che influenza  e a sua volta è influenzato dall'ambiente circostante. Ricerca di completezza, scenari concreti. Fiori, tubature, lego, una corda per la salvezza. Atmosfere idilliache, ostacoli da saltare, salotti psichedelici, animali che entrano in casa.  In un mondo in cui tutto si può imitare e riprodurre senza troppa fatica, questa giovane sudcoreana non usa trucchi e accorgimenti tecnologici, ma la sua manualità. Jee Young Lee assume il ruolo di set designer, scultrice, performer, artista di installazioni e fotografa, rendendo ogni particolare, magico.
                                                                                                              Giulia Ballini









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