sabato 30 novembre 2013


È questa la frase che diede scalpore durante il processo ai danni dello scrittore Gustave Flaubert nel 1857. Il libro in questione è Madame Bovary, primo romanzo di Flaubert, messo sotto inchiesta per oltraggio alla morale. Ciò che gli valse maggior men te l’accusa di oltraggio fu l’uso che fece del discorso in diretto libero, specialmente in certi 
passaggi particolarmente “compromettenti”, non risulta va chiaro quale fosse il giudizio morale dell’au tore che, nell’accompagnare le lascive passioni della sua protagonista Emma, sembrava in qual che modo condividerle.

Madame Bovary è un ritratto crudo ed imparziale dei capricci e della vita perennemente insoddisfatta di una giovane donna di campagna, sposata ad un uomo mediocre che sogna invece lo sfarzo e gli sfavilli della Parigi dell'800. Sogna le eroine dei romanzi che divora, le loro avventure i loro amori cavallereschi. L’autore guarda la sua eroina con occhio disincantato e impietoso: i suoi amori impossibili, il suo fatiscente matrimonio. In tutto Protagonista assoluta è lei, Emma, donna idealista, intrisa di letture e di sogni fuori dalla sua portata; capace di perdere ogni contatto con la realtà. Tradisce se stessa e chi le sta accanto, alla ricerca spasmodica di una vita meno mediocre e borghese e, di conseguenza, meno autentica. L’au to di stru zio ne verso cui si tra sci noia e si sten zia le. Durante la lettura, ho frequentato per ore la signora Bovary e un forte sentimento d’antipatia si è annidato in me, al primo sguardo di lei, al primo contatto di pelle. Emma è e sa ge ra ta in tutto quel lo che fa, non co no sce mezze mi su re. Am pli fi ca ogni sen ti men to fino all’im plo sio ne, poi ché, nell’impos si bi li tà di con di vi de re con qual cu no le pro prie an go sce, tutto passa sotto si len zio. Nell’osti nar si a vi ve re in un ro man zo tutto suo, non si ac cor ge di es ser ne l’unico per so nag gio: nes su no può ca pir la. È invece nelle ultime pagine, agli ultimi respiri al capezzale del suo letto che l'ho finalmente compresa e presa a cuore. A posteriori, la sua tragica parabola sintetizza l’impotenza delle donne nel poter indirizzare il proprio destino. Quel lo di Ma da me Bo va ry è un u ni ver so in cui trova posto l’in ti ma sof fe ren za di o gnu no, anche la più co mu ne, la più sem pli ce o la più vi gliac ca in sod di sfa zio ne che ci possa es se re.
na Emma è tutta det ta ta dalla sua

Proprio a partire da Madame Bovary, prima vittima del bovarismo, si è individuato un disturbo clinico che colpisce soprattutto chi non è in grado di distinguere il sogno dalla realtà. Infatti il “bovarysme”, “l’écart entre le reve et la réalité” (“la differenza tra il sogno e la realtà”) è una malattia di un’intera società, la società francese del XIX secolo. Esattamente come Madame Bovary, nella società attuale, troviamo esempi di “bovarysme” di qualsiasi tipo. Una società cresciuta nel sogno e nell’opulenza nello sfrenato consumismo che induce a desiderare sempre qualcosa di più. È una sindrome compulsiva dalla quale l’uomo moderno è gravemente affetto e Madame Bovary l’ha già vissuta nel tentativo di elevarsi socialmente ed economicamente, di raggiungere amori sublimi in una esaltazione quasi isterica. Ma per quanto riguarda Emma non c’è nessuno, neanche l’autore stesso che si senta di condannarla poiché è espressione della fragilità dell’animo umano. Di ognuno di noi.
Madame Bovary dunque, c’est moi!


Elena Guglielmino

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