sabato 23 novembre 2013

Ultimamente abbiamo assistito, purtroppo, ad una “serie di sfortunati eventi” climatici sparsi per il mondo. Dopo il disastroso tifone che nelle Filippine ha portato morte e distruzione mai visti prima in quel paese che pur di tifoni e tornado ne ha visti nel corso della sua storia, abbiamo assistito ad altri catastrofici eventi che ci hanno mostrato come in pochi giorni, in un’ora o in un attimo tutto quello che ci circonda potrebbe essere distrutto da colei che sostanzialmente non si potrà mai avversare: la naturaNel Midwest statunitense l’emergenza tornado ha fatto ripiombare gli americani nell’incubo dell’uragano Sandy che arrivava proprio un anno fa. E in Sardegna i temporali di una notte hanno praticamente messo in ginocchio un’intera regione italiana, provocando vittime e dispersi. Nell’isola italiana è caduta in sole 24 ore la pioggia che solitamente sarebbe caduta in sei mesi. Ventiquattro ore per stravolgere menti ed animi del popolo sardo e del resto d’Italia. Risulta molto curioso, e per certi aspetti inquietante vedere come in così poco tempo possa cambiare la vita e il destino di una persona se non di un popolo intero. Queste catastrofi ci mostrano che purtroppo, quando la natura decide di agire mostrando tutta la sua forza c’è veramente poco da fare e bisogna adeguarsi al proprio destino.

Qui vogliamo sottolineare però un altro aspetto. Solitamente, quando si presentano di fronte ai nostri occhi eventi del genere, il senso di rabbia, frustrazione e dolore provocati dalle conseguenze di questi fenomeni, creano in tutti quanti una reazione di scontrosità. Ci riferiamo al generale e generalizzato senso di critica e di “ricerca del colpevole” che pervade le menti di tutti, o quasi. Intendiamo i dibattiti e le discussioni che hanno luogo dopo tali vicende, che focalizzano tutta l’attenzione sulla drammaticità della situazione e su quanto è accaduto in passato, senza pensare a cosa si possa fare per rialzarsi, per ricostruire, per continuare a vivere, per il futuro. Non si tenta quasi mai di trovare una via d’uscita alla crisi, ma ci si focalizza solo su quanto appena accaduto e sul fatto che di qualcuno è colpa. La colpa è dello Stato che non costruisce infrastrutture sufficientemente forti per resistere ad un’alluvione; la colpa è dei soccorsi che non arrivano mai in tempo; la colpa è di tutti coloro che non sono le vittime, perché tutti potevano o dovevano fare qualcosa per poter evitare questo. Tutto giusto, ci mancherebbe. Le vittime non ci sono solo per colpa della natura e di nessun altro. Tanti e fin troppi esempi in passato ci hanno mostrato che esistevano zone in cui non bisognava costruire case ed invece è stato fatto, che esistevano strade e ponti costruiti con materiali che con una pesante pioggia potevano crollare eppure erano lì da decenni. Gli esempi sono davvero troppi, purtroppo. Ma colpevolizzare chi era (ed è) responsabile di questi errori, che non vanno assolutamente, e ripeto, assolutamente, minimizzati (perché hanno causato vittime umane), risulta essere poco utile.

Certo, è giusto rendere giustizia alle vittime, ma qui vogliamo sottolineare il fatto che spesso questa voglia di giustizia, che è legittima, doverosa e quanto mai necessaria per garantire la sopravvivenza di quel che resta della dignità umana, viene strumentalizzata per altri scopi. La si strumentalizza nelle trasmissioni televisive per fare ascolti da record, la strumentalizzano i politici per poter criticare i governanti del passato e del presente. Questo strumentalizzare, criticare e colpevolizzare, allontana tutti da quello che è l’unico vero obiettivo da perseguire: la ricostruzione, il supporto e il far capire alle popolazioni che hanno vissuto queste tragedie che non sono sole. Che il resto dell’umanità è fianco a loro. L’attezione si sposta tutta sulla drammaticità del passato e si allontana troppo, a mio umilissimo e modesto parere, dalla speranza sul futuro.

Si tratta di una linea sottile, anzi sottilissima, che si tenta di evidenziare: quella linea che demarca e divide dall’apatia e sedentarietà di fronte a questi eventi e l’entusiasmo e la voglia di agire per aiutare chi è colpito da un destino più sfortunato. Per fare un esempio, questo entusiasmo lo hanno mostrato ieri (Giornata di Lutto nazionale in Italia) molti cittadini di Cagliari che si sono recati nel nord della Sardegna per aiutare il personale della Protezione Civile Italiana nelle operazioni di soccorso e messa in sicurezza dei più sfortunati. 








  
Maged Srour

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