sabato 23 novembre 2013

Derivati: the beauty or the beast? Negli ultimi quindici anni numerose società industriali e finanziarie hanno subito ingenti perdite legate all’utilizzo sempre più frequente, e spesso irrazionale, degli strumenti derivati. Alla luce della gravità del fenomeno e della velocità con cui gli effetti dello stesso si sono trasmessi all’economia reale, ci si è interrogati molto sulla loro natura destabilizzante. Richiamando un intervento di Robert C. Merton «It’s not derivatives that are the problem, it’s how they are used». Il problema non starebbe, dunque, nella natura intrinseca dei derivati, piuttosto nell’uso che nel corso degli ultimi quindici anni se ne è fatto. Analizzando i casi di debacle finanziarie di imprese non finanziarie si sarebbe, in una prima analisi, portati a ricondurre le perdite subite alla mancanza di conoscenza degli strumenti derivati. Eppure tale tesi verrebbe inevitabilmente confutata dall’analisi di debacle finanziarie di società che gli strumenti finanziari dovrebbero invece conoscerli.

Nel 2008 si stima che la perdita complessiva della Sociètè Gènèrale sia stata di 4.900 milioni di euro, che nello stesso anno annunciava di aver scoperto un ammanco di diversi miliardi di euro legato ad operazioni ad alto rischio non autorizzate (principalmente si trattava di future su indici europei). Al centro dello scandalo, definito come il più grande buco della storia finanziaria, c’è il giovane trader francese Jèrome Kerviel. Inquisito insieme ad altri esponenti della banca francese, arrestato e incarcerato per un breve periodo, il giovane trader (trentunenne all‘epoca) è infatti oggi l’unico dipendente della banca francese ancora sotto processo. Kerviel,  l’uomo più indebitato al mondo o come amano definirlo  i media francesi “trader impazzito” ha ribadito più volte nel corso delle diverse udienze che i suoi superiori sapevano delle operazioni rischiose poste in essere e che lui altro non era stato in quella vicenda che “vittima di una macchinazione” o meglio ancora “un criceto preso dalla ruota, che girava sempre più velocemente”.Secondo la ricostruzione del trader, sarebbe stato espressamente spinto a prendere enormi rischi così da poter scaricare su di lui le forti perdite legate al mercato dei subprime. La SocGe oltre a negare che Kerviel abbia agito per espressa volontà della stessa, lo ha anche accusato di aver  manipolato la sicurezza informatica per proteggere le sue attività.

Possibile che l’attività del trader fosse passata inosservata? La stessa attività che nel 2007 aveva generato 1,4 miliardi di guadagni tramite operazioni rischiose? Questo è solo uno dei possibili esempi di “finanza delinquente” che evidenzia chiaramente la necessità di un sistema di controllo e sanzioni ovvero di un intervento sul piano legislativo per evitare che gli errori del passato possano ripetersi. Errori che nell’esempio proposto sono costati ai contribuenti francesi circa quattro miliardi di euro.


Beatrice Di Marco



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