lunedì 2 dicembre 2013

Burocrazia e lentezza d'azione, due elementi che contraddistinguono la linea esecutiva che dovrebbe portare, ormai nel 2018, alla conclusione della tanto attesa METRO C. L'idea di munire Roma di una rete di infrastrutture in grado di aumentare l'efficienza e la qualità del trasporto pubblico ha avuto inizio negli anni '90. Successivamente, nel corso del 2005 fu emanato il bando di gara per l'assegnazione dei lavori, vinto dall'associazione temporanea d'impresa (ATI) Metro C spa. A quasi sette anni dall'apertura dei primi cantieri, la Corte de Conti, con il procuratore regionale Raffaele De Dominicis, apre tre inchieste che dovrebbero indagare sulla veridicità di specifiche accuse mosse nei confronti della società costruttrice (METRO C Spa), della Roma Metropolitane (società' che dipende dal campidoglio e ha ruolo di Supervisor) e delle singole figure amministrative regionali, come i sindaci Marino e Alemanno. Lo scopo è individuare i responsabili della costruzione di un opera che viene definita "fatta male" dallo stesso De Dominicis e che con molta probabilità vedrà la sua ultima stazione a San Giovanni e non oltre, come stabilito nel progetto iniziale. Inquadrare i responsabili del rallentamento della costruzione della nuova metro, che porterebbe flussi finanziari maggiori nelle casse delle imprese costruttrici, è il filone principale dell'inchiesta, nonché quella più qualificante sotto il punto di vista dello sperpero di denaro pubblico, che segue con la questione archeologica e dei finanziamenti che stringono intorno al progetto un cappio sempre più stretto.

LA POLITICA NON C'ENTRA: MANO AI COSTI. La Corte dei Conti salva l'operato dell'amministrazione pubblica e dei sindaci di Roma Alemanno e Marino definendo il loro comportamento "corretto", parola che nel mondo della politica è difficile pronunciare a cuor leggero. La colpa risiederebbe allora nell'operato dei tecnici che, volutamente o non, hanno aumentato notevolmente il tempo previsto per la conclusione dell'opera, facendo così registrare un rincaro del progetto e, in ogni caso, evidenziando una sostanziale insufficienza dei fondi sinora stanziati e la necessità di trovare un nuovo finanziatore privato disposto a investire nella conclusione del progetto. La Metro C, figlia della nuova tecnologia e ispirata ai canoni delle pubbliche strutture delle capitali europee, è costata 3,7 miliardi di euro, spesa sostenuta per il 70% dalla Stato (noi) e per la restante parte dal Comune di Roma e Regione Lazio (sempre noi). Da qui il dubbio, fortificato dall'esperienza romana, che la commistione di interessi pubblici e privati può non rappresentare la giusta via per la pianificazioni di opere di così grande importanza e impatto. Fino a dove il perseguimento di lucro su attività volte al miglioramento o alla costruzione di beni pubblici può essere permesso?

E' chiaro, almeno in ottica economica, che l'attività d'investimento è necessaria per apportare migliorie e creare nuove opportunità di lavoro, meno chiaro è lo strumento mediante il quale tale investimento dovrebbe essere profuso nella società. Avere maggior controllo sui mezzi che attuano tale politica economica, e nel nostro caso si tradurrebbe nell'avere un forte potere di direzione, attuato mediante una solida presenza nel consiglio di amministrazione delle società costruttrici, potrebbe comportare una riduzione di quelli che sono atteggiamenti unicamente volti alla possibilità di trarre profitto personale, di certo non in linea con l'obiettivo di apportare un miglioramento usufruibile dall'intera comunità. Si riapre nuovamente il tema del ruolo dello Stato e delle Imprese private, del profitto incondizionato, e del poco rispetto che viene dimostrato nei confronti di chi le cose le vorrebbe "fatte bene".

Simone Di Marco

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