domenica 8 dicembre 2013

Una propensione letteraria notevole, un’ intelligenza acuta, una sensibilità fuori dal comune e la sofferenza derivata dal suo essere al mondo. Questa, in estrema sintesi, era Virginia Woolf e ciò che di lei ancora ci affascina. Nata a Londra nel 1882, la scrittrice visse nel secolo scorso e combatté, spesso oltrepassandoli, i limiti che la società di quel periodo imponeva al suo essere donna. Il padre non le permise di studiare all’università come fecero i suoi fratelli, ma, nonostante l’amarezza, Virginia, non solo respirò a pieni polmoni il meglio dell’ambiente culturale del suo tempo, ma contribuì attivamente alla sua creazione. L’accesso alla libreria paterna le spalancò il mondo nel quale voleva vivere: un mondo fatto di immaginazione e acuta osservazione della realtà. Attivista all’interno dei movimenti femministi scrisse due importanti saggi, “Una stanza tutta per sé” e “Le tre Ghinee”, per evidenziare e denunciare come la condizione femminile fosse ostacolata e repressa dalla cultura maschile dominante, soprattutto riguardo la minore possibilità, che avevano le donne dell’epoca, di accedere alla cultura. Virginia fu certamente una femminista convinta, ma distante dallo stereotipo di donna realizzata o di eroina della mitologia femminista ma non si rinchiuse mai in separate comunità; non voleva essere di più ma neanche di meno

Lo scrivere sembra essere stato per lei, contemporaneamente, fonte di vita e desiderio di morte ed era sempre molto tormentata quando si trovava in procinto di terminare le sue opere. Virginia soffrì per tutta la vita di crolli nervosi e bipolarismo: per questo amava circondarsi di persone e al tempo stesso, quando era sola, cadeva in uno stato d'ansia con sbalzi d'umore tipici della malattia. E a contribuire all'aumento delle sue fobie fu, di certo, anche lo scoppio della seconda guerra mondiale. Nella scrittura, la Woolf abbandona la tecnica di narrazione tradizionale, per delinearne una moderna. Eliminando il dialogo diretto e la trama classica, dirige la sua attenzione verso il monologo interiore. La realtà esterna perde la sua funzione privilegiata, eccetto per quanto riguarda l'influenza che esercita sulla vita interiore del soggetto. Il tempo interiore differisce da quello esteriore per l'assenza di una cronologia; seguendo i processi della mente la narrazione procede attraverso spostamenti in avanti e all'indietro nel tempo, seguendo pensieri e ricordi suscitati dall'ambiente circostante e dalle situazioni, un flusso di pensieri dunque.

Dalle lettere, dai diari e dalle testimonianze di chi ha vissuto accanto a lei emerge il suo bisogno intimo, profondo di vivere l’esistenza in tutti i suoi vari aspetti, catturandoli e doppiandoli sulla pagina attraverso l’atto dello scrivere, che si configurava come tentativo di catturare la vita stessa. La malinconia e le ombre di una personalità che a tratti viveva con dolore la propria esperienza nel mondo non devono tradursi nell’immagine di una donna che non amasse o sapesse vivere. Virginia Woolf visse per la scrittura e nella scrittura facendo di questa uno specchio che riflette, non in maniera realistica e oggettiva, ma simbolica e talvolta deformante, una realtà di frammentazione. Il mattino del 28 Marzo 1941 il mondo assiste impotente all’addio di una delle più tormentate menti del Novecento. Virginia Woolf si riempie le tasche di sassi e si lascia annegare nel fiume, vicino casa. "La bellezza del mondo ha due tagli, uno di gioia, l'altro d'angoscia, e taglia in due il cuore."

Elena Guglielmino

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