lunedì 9 dicembre 2013

A volte è la prima impressione che ci da un luogo a determinare in qualche modo l’idea positiva o negativa che per sempre collegheremo ad esso. Chissà allora cosa sarà passato in mente a Guy quando, appena scese dall’aereo, eccitato e famelico di scoprire un paese pressoché inaccessibile, ricevette un mazzo di rose e gli fu imposto di porgerlo dinnanzi alla grande statua di bronzo raffigurante la maestosa figura dell’eterno presidente Kim Il-Sung. Fu come se, porgendo quel teatrale saluto, avesse dovuto quasi scusarsi, agli occhi del caro leader, della sua infima natura di straniero capitalista. Forse in quel preciso istante egli colse appieno l’importanza di raccontare il suo viaggio in un fumetto. Guy Delisle è un disegnatore e sceneggiatore Canadese, che da molti anni lavora e collabora con importanti studi di animazione internazionali. La sua carriera lo ha portato ad intraprendere numerosi viaggi in tutto il mondo, specialmente nell’area asiatica, stanziandosi per brevi periodi in Cina, Corea del Nord e Birmania.

Il resoconto del soggiorno in Corea del Nord, a Pyongyang, è raccontato in “Pyongyang: a journey in North Corea”, interessantissima graphic novel che attraverso un tono ironico, ma mai banale, ci introduce il paese più impenetrabile del globo, fra le sue assurde contraddizioni e la sua estrema povertà. La Corea del Nord, sul lato politico-sociale, è un caso unico nel suo genere. Guy passeggiando per le sue asettiche strade, sempre sotto lo stretto controllo di una guida del governo, si accorge di come il tempo si sia fermato agli anni più bui della guerra fredda. Tra slogan che inneggiano alla superiorità morale del governo nei confronti dell’occidente e marce trionfali che ricordano ai cittadini il permanente stato di guerra, sembra come se i repentini cambiamenti storici e le evoluzioni che hanno interessato la scena politica mondiale degli ultimi cinquantanni, non abbiano minimamente scalfito le mura che hanno chiuso ermeticamente questo paese. La totale e incondizionata sottomissione di un popolo a un sistema così assurdo spiazza l’autore, che con vena sarcastica cerca di spiegare al lettore come il governo dei Kim, unica famiglia da sempre a capo della Corea del Nord del dopo guerra, possa attraverso uno spietata politica di terrore affiancata da una massiccia propaganda, risultare molto amato dai nordcoreani. Prima con Kim Il-sung, poi con Kim Jong-il e ora con Kim Jong-un, il potere si è tramandato da padre in figlio, creando quella che sembra essere la prima e unica “dinastia comunista” al mondo.

Guy Delisle vive il suo soggiorno a Pyongyang accompagnato da un senso di continua irrequietezza misto a periodi di noia totale, creata in gran parte dalle lunghe visite di gloriosi monumenti dedicati al beneamato leader Kim Il-sung e musei sulla guerra di Corea, uniche attività consentite a uno straniero. Il non poter comunicare con i coreani, non solo per distanza idiomatica, ma soprattutto per netta distanza culturale abbatte l’autore, che in molti casi vede ostacolati i suoi tentativi di contatto con operai o contadini. La tragicità della situazione nordcoreana è però saggiamente mitigata dall’ironia dell’autore, che vede nello humour un vero e proprio antidoto al suo shock culturale. Difatti ogni piccolo fatto e azione che scorre davanti i suoi occhi offre spunto per una battuta o per un pensiero sarcastico, da dove si evince però, bisogna riconoscerlo, un punto di vista un tantino nichilista e disinnamorato del mondo. Guy Delisle critica le questioni più controverse e delicate della nostra scena mondiale con una intelligente spensieratezza, un lusso che il popolo nordcoreano forse non conoscerà mai.

Mattia


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