mercoledì 2 aprile 2014

Notte dominata dal panico quella vissuta dal Cile e dalle nazioni a lui confinanti. Durante i quindici minuti antecedenti alle 21 (ora locale), la parte settentrionale del Paese è iniziata a tremare a causa di un terremoto di magnitudo 8.2 della scala Richter. Come il protocollo per la sicurezza prevede, è stato diffuso immediatamente anche l’allarme tsunami (rimasto in vigore per sei ore), in conseguenza della vicinanza del punto di origine del sisma con il mare, tant’è che le onde sono arrivate a misurare un’altezza di circa due metri in quella zona; l’epicentro della scossa è stato localizzato circa 90 km a nordovest della zona di Iquique, dove ci sono stati danni all'aeroporto e alcune delle abitazioni più fragili sono crollate; questa è stata la città più colpita insieme ad Arica, vicino alla frontiera con il Perù, dove il sisma ha provocato anche incendi e l'interruzione della fornitura di energia elettrica.
Nonostante i vari interventi effettuati dalle autorità, come quello di evacuare il 100% della popolazione abitante sulla costa, precauzione adottata anche dall’Ecuador e dal Perù, oppure quello di chiudere tutte le scuole del Paese, non sono mancate purtroppo le vittime: cinque le persone che hanno perso la vita, quattro uomini e una donna. La televisione cilena ha trasmesso immagini di ingorghi nelle strade dove la gente si è riversata in preda al panico e ha cercato subito di allontanarsi dalla zona colpita e a rischio tsunami. Almeno otto forti scosse di assestamento - una delle quali di 6,2 gradi - hanno seguito quella principale.
Come spesso, purtroppo, accade, le tragedie portano con loro altre cattive notizie: sempre ad Inquique, negli attimi successivi al terremoto, 300 detenute di un carcere femminile sono riuscite ad evadere: 39 sono state prontamente prese sotto custodia dalla polizia locale, mentre le restanti sono latitanti. 

                                                                                                   Marco Harmina

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