giovedì 13 marzo 2014

È stato sequestrato questa mattina dalla Dia un capitale di 7 milioni di euro investiti in beni immobili e società operanti nell’edilizia alla cosca Flarè-Razionale, originaria di Vibo Valentia. Nel vasto impero finanziario, oltre ad una porsche sequestrata al boss Saverio Razionale, prende visibilità l’illustre Caffè Fiume, storico locale sito vicino all’omonima piazza romana. Razionale, calabrese di 53 anni, è al vertice dell’organizzazione mafiosa fin dagli anni ’80, succedendo a Giuseppe Gasparro detto “Pino u gatto”; ha perso la vita in un attentato in cui lo stesso Razionale era presente e ne rimase anche ferito: questo è stato l’accaduto che di fatto ha segnato il passaggio del testimone. Il nuovo boss ha subito conquistato il consenso dei suoi uomini sporcandosi le mani anch’egli con estorsioni, atti usurai, riciclaggi e perfino fatti di sangue, successivamente però è stato arrestato nel 2005 ma subito rilasciato per mancanza di prove. Nello stesso anno decide di trasferirsi a Roma ed è qui che ha cercato di espandere i confini della propria autorità, con successo: Razionale è riuscito a creare una rete criminale specializzata nel reinvestimento di proventi illeciti in beni immobili ed attività commerciali, nonché nel condizionamento e nell'infiltrazione degli appalti, tramite società di comodo.

Nel 2011 arriva la seconda condanna dalla Corte d’appello di Catanzaro: quattro anni e sei mesi di detenzione per associazione di tipo mafioso; divenuta la sentenza definitiva nel 2012, il boss è fuggito, dandosi alla latitanza sino allo scorso febbraio, la Suprema Corte, pur confermando la condanna per l'associazione di tipo mafioso, aveva annullato il provvedimento per una questione tecnico-giuridica connessa ad una errata determinazione della pena da parte della Corte d'Appello, che lo aveva condannato e che non aveva tenuto conto delle attenuanti generiche a suo favore.

 La giustizia italiana a volte sembra paradossale: diviene estremamente facile arrestare e carcerare le cosiddette “piccole formiche”, oppure persone che si sono macchiate la coscienza con qualche crimine ma che di criminale hanno ben poco, ma diventate terribilmente arduo imprigionare un pericoloso boss mafioso, nonostante le prove schiaccianti.
Ai posteri l’ardua sentenza.

Marco Harmina
 
 
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