lunedì 23 dicembre 2013

"Occhio per occhio, dente per dente”. In vigore probabilmente fin dai tempi dei babilonesi, la legge del taglione consiste nella facoltà della persona offesa di infliggere all'offensore, una pena uguale a quella ricevuta. Il tutto con il fine, almeno al tempo dei romani, di regolare le vendette private. Ma cosa accadrebbe oggi se dopo piú di 2700 anni, queste vendette, anzichè essere commesse dai privati, venissero commesse dallo Stato? 

Oggi tagliare gli arti ad un ladro, rientrerebbe piuttosto pacificamente tra i divieti di tortura e di pene inumane, sanciti dal diritto internazionale, con grande proliferazione di convenzioni e tutele dei diritti civili, volte a proteggere sotto ogni aspetto la dignità umana. Ma quando si tratta di omicidio in realtà non vi è proprio unanimità. Uccidere una persona costituisce omicidio, chiunque sia il colpevole. Eppure ancora oggi vi sono dei Paesi in cui è in vigore la pena capitale, tu uccidi io ti uccido, occhio per occhio dente per dente. Puó lo Stato arrogarsi tale diritto? In particolare c'è un posto, in cui non solo lo Stato decide sulla vita delle persone, ma le priva totalmente della loro dignità: Wynne unit prison di Huntsville, Texas. Il "tritacarne ", il braccio della morte piú duro degli Stati Uniti, una prigione che opera al di fuori della legge statale, federale e internazonale. I detenuti vengono rinchiusi in minuscole celle di cemento (un metro per tre), dove le temperature variano dai 40 gradi estivi ai -2 invernali. I rapporti interpersonali divengono inesistenti, le guardie carcerarie covano odio ed usano qualsiasi mezzo per rendere il tutto un inferno. Ai detenuti é solo concessa mezz' ora di passeggiata, all'interno di una gabbia di 30 metri quadrati, indossando solo slip. La condizione di questi soggetti, costituisce una delle piú grandi violazioni della Convenzione Internazionale sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite, convenzione ratificata nel '99 dagli Stati Uniti senza riserve. Ma tutte le azioni legali intentate per contestare la crudeltà di tali condizioni ricevono una risposta :"Hanno ció che si meritano". Proprio il Texas, non a caso, detiene il primato per il maggior numero di esecuzioni avvenute dal 1976, quando la pena capitale è stata reintrodotta, con uno stacco di 400 esecuzioni rispetto alla Virginia, che segue. Attualmente il metodo esecutivo utilizzato è l'iniezione legale composta da tre sostanze, una per addormentare, una per fermare il cuore ed una per il collasso dei polmoni. Il condannato viene legato ad un lettino dal quale ha la possibilità di fare la sua ultima dichiarazione, al fine della quale la guardia, con un semplice gesto, invita il boia a procedere con l’esecuzione. Quest'ultimo non deve essere identificato. Possono assistere all'esecuzione, cinque testimoni richiesti dal condannato e cinque testimoni, famigliari o amici stretti, della vittima. 

"É stato giustiziato qualche innocente? Probabilmente si. Chi si aspetta la perfezione chiede l'impossibile". Questa è l’incredibile confessione di Jim Willett ex direttore del carcere di Huntsville, che nel suo libro "Il viaggio di un direttore penitenziario" si dichiara pentito, affermando, non da pubblico ufficiale ma da uomo, di aver conosciuto la tristezza di questo sistema. Willett rivolge un monito alla giustizia Americana: "Mi sembra che le esecuzioni creino nuove vittime, le famiglie dei giustiziati. Mi sono sempre interrogato sulle madri che vedevano morire i loro figli. Alcune di loro urlavano e piangevano, un suono che non sentirai mai da nessun'altra parte, un suono orribile che ti accompagnerà ovunque". Tra i 499 detenuti nel Texas, rientrano persone che soffrono di gravi malattie mentali o affette da disabilità, giovani minorenni al momento del reato e imputati difesi in modo non adeguato, in giudizi dove, la componente razziale svolge un ruolo chiave, portando a conclusioni con condanne a morte anche senza la presenza di prove inconfutabili. É abbastanza palese quindi che la perfezione della giustizia, in qualsiasi sistema rimane un'utopia. Ora sta a noi riflettere, è veramente questo il modo giusto per punire?

L&S

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