Oggi ho imparato che... #7

Oggi ho imparato che per sentirsi soli non bisogna necessariamente esserlo. Ho imparato che "gli altri" esistono fino a quando tu vuoi che esistano. Più spesso ti ritrovi con te stesso e non sempre è un bel vedere. Poi ognuno reagisce come meglio crede. Ho imparato che c'è chi si isola e chi si circonda di persone, chi si accontenta di una parola di conforto e chi invece insoddisfatto cerca quello che vuole veramente in ogni piega della giornata. E l'unica cosa che accomuna tutte queste situazioni è la solitudine che le accompagna. In pochi si sentono al sicuro e "in compagnia" realmente. Sono quelli che hanno più da perdere nella sfide che la vita pone. Sono i più deboli ma i più fortunati. Sono i più criticati e i più invidiati. Sono quelli che amano o credono di farlo. Sono quelli che le favole le hanno fatte loro e le raccontano. Gli altri danno più credito a Babbo Natale che a questi personaggi. Perchè tutti mentono e sempre più spesso lo fanno a se stessi. Perchè aiuta a giustificare la loro situazione. La loro solitudine. La solitudine ai tempi dei social...

mercoledì 24 settembre 2014

Oggi ho imparato che... #6

Oggi ho imparato che... no un attimo serve una premessa. Quello che ho imparato oggi arriva da delle foto, una canzone e una riflessione. È importante sottolineare questo perchè è interessante come una cosa semplice arrivi da momenti molto più complessi, e questo è il succo di quanto ho imparato. Quindi dicevamo. Oggi ho imparato che la parte più rilevante di una fotografia è il "prima" e il "dopo" lo scatto. Mi spiego. La foto è una sintesi, una trappola per il tempo, o meglio per la minima parte di cui è fatto, l'istante. Ma appunto non è il tutto. Il "tutto" c'è prima e c'è dopo. Tipo le foto qui sotto. Ho fatto una "prova" con queste. Quali sono le parti fondamentali? Per me una canzone e una riflessione. Perchè tutto questo contorsionismo lessicale? Cercavo un significato al "selfie": "sintesi di un prima e un dopo forse troppo poco normale da essere condiviso". Meglio rischiare meno e fare una foto, dare una sintesi e non il tutto, o il vero. La mia risposta è questa. Che profondità oggi...

Luca Michele Piscitelli

martedì 23 settembre 2014

Oggi ho imparato che... #5

Oggi ho imparato che la tecnologia riesce ad emozionarmi. Ora vi spiego. Prendete una cosiddetta "App" scoperta per purissimo caso. Ecco ora immaginate di averne lette le caratteristiche e di aver pensato "beh si, potrebbe servirmi". Dopo averla installata su un qualsiasi dispositivo mobile però non avete avuto modo di usarla perchè quel "beh si, potrebbe servirmi" era un condizionale troppo condizionabile e condizionato dal fatto che l'App era gratuita. Ma il "bello" arriva ora. Un giorno quell'app si apre sempre per un caso purissimo e scoprite che quell'App è una cosa fantastica che avete sempre desiderato ma che non avevate colto in pieno quel giorno in cui l'avete installata. La morale della favola potrebbe essere "il caso non esiste, quell'app era nel tuo destino, che la forza sia con te fratello" ma io oggi ho imparato che il tablet riesce a entusiasmarmi. Il nome dell'App? Non ve lo dico perchè la storia risulterebbe più triste di quanto non lo sia già così. Buon Weekend

Luca Michele Piscitelli

venerdì 19 settembre 2014

Oggi ho imparato che... #4

Oggi ho imparato che le "cose" si possono fare in tre modi. Si possono non fare, si possono fare come si vuole o si possono fare come le fanno gli altri. Nessuno dei tre modi è totalmente sbagliato o giusto, ognuno è relativo alla situazione e alla persona, tutti hanno aspetti positivi e negativi. La cosa più importante però è avere la scelta e assumersi la responsabilità di fare. Dal vangelo secondo punto&virgola, andate in pace e fate cose!

Luca Michele Piscitelli
mercoledì 17 settembre 2014

Oggi ho imparato che... #3

Oggi ho imparato che alla base del comportamento di chi non è mai puntuale e dei ritardatari cronici in generale c'è un bisogno di disobbedire a qualcuno che si vive come un'autorità oppure di sfidare e mettere alla prova la persona con cui si ha appuntamento. I motivi del ritardo cronico sono inconsci.
Perché so queste cose? Chiedete ai miei amici e guardate con quante ore di ritardo sto pubblicando questo post!

Claudio Bellucci
lunedì 15 settembre 2014

Oggi ho imparato che... #2

Oggi ho imparato che il jingle che si può facilmente ascoltare durante gli intervalli di molti sport negli USA si chiama "Charge"(fanfare) e ha quasi 70 anni! Il motivetto è composto da 6 note che hanno fatto il loro esordio nel mondo dello sport nel 1959 durante le World Series di Baseball tra i Dodgers (a quei tempi a Los Angeles) e i Chicago White Sox. Un certo Bobby Kent ha provato anche a rivendicarne la paternità nel 2011 ma con scarsissimi risultati. Insomma da oggi il "da da da da da daaaa" ha un nome.

Luca Michele Piscitelli
venerdì 12 settembre 2014

Oggi ho imparato che...#1

Oggi ho imparato che esiste il verbo attillare. Si ok, l'abbiamo detto tutti di una maglietta che è attillata, ma la vera sorpresa è che possiamo dire tranquillamente di attillare qualcosa! Pagina 117 degli unici "Zingarelli" amati in Italia (l'aver imparato che si chiamava così il vocabolario e non Zingaretti come Montalbano risale ad almeno un decennio fa). Ad onor del vero non mi sarei sorpreso neanche del contrario, ovvero che attillato fosse una parola assolutamente unica, inconiugabile, messa li perchè serviva. Anche perchè oltre il participio passato di questa parola l'utilità non se ne trova. "Rendere aderente al corpo". Per quanto riguarda le persone credo che il termine sia stato da tempo cancellato dal ben più onomatopeico "accollare". Dire "certo come ti attilli" non rende bene l'idea. Dal punto di vista dei vestiti, beh va bene tutto ma un jeans si stringe, per quanto lo si voglia attillare. Ah quasi dimenticavo. Significa anche "vestirsi con cura e ricercatezza". Ho sempre saputo di aver sbagliato paese.

Luca Michele Piscitelli
giovedì 11 settembre 2014

Oggi ho imparato che...

Oggi ho imparato che si impara davvero qualcosa tutti i giorni. In realtà credo di averlo sempre saputo. E non è così banale come potrebbe sembrare. Perchè un conto è impararlo, un altro lo è ricordarlo. Ad esempio, tu cosa hai imparato ieri? O l'altro ieri? O dieci giorni fa? Io non lo ricordo, ma credo sia importante farlo. Per questo ho deciso di appuntarmelo quotidianamente qui, magari trovo qualcuno che ha imparato la stessa cosa e me lo può confermare, oppure che ha imparato qualcos'altro. Insomma una condivisione di idee, o dobbiamo continuare a condividere Lotito ovunque con la tuta dell'Italia?!

Luca Michele Piscitelli

mercoledì 10 settembre 2014

L’Europa, l’Italia, “la casta” e la disuguaglianza

Un’inchiesta di Pagina99we ha portato alla luce un quadro allarmante sul ruolo dello Stato nella distribuzione del reddito in Italia. L’analisi parte da una semplice classificazione: in Italia per far parte dell’1% più ricco occorre avere una situazione reddituale annuale pari o superiore ai 100 mila euro (si prende a riferimento Top Income Database curato da Atkinson, Saez e Piketty). Il 27% dei dipendenti pubblici fa parte di questa “casta”. È proprio questo dato, tratto dai siti dei comuni italiani e confrontato con il rapporto Government at a Glance 2013 dell’OECD, che sottolinea il peso dello Stato Italiano nella distribuzione dei flussi di ricchezza, quindi di come sia lo stesso Stato a creare una classe di ricchi formata da appartenenti all’apparato politico e dirigenziale pubblico. Una situazione non rintracciabile negli altri paesi economicamente avanzati. Tutto mentre il 50% della popolazione non arriva a dichiarare 16mila euro l’anno. È questa enorme disuguaglianza a rendere preoccupante il futuro economico del paese.

“La disuguaglianza è un problema di efficienza, non di pura equità […] La concentrazione di reddito distorce il funzionamento del mercato riducendo la capacità del sistema di produrre ricchezza”. Le parole sono del premio nobel per l’economia Joseph E. Stiglitz. L’economista americano ha sicuramente negli occhi il quadro del suo paese, ma è evidente la consapevolezza di aver colto un problema di natura internazionale. Financial Times, The Economist, il Fondo Monetario Internazionale, sono solo alcune delle “istituzioni” che negli ultimi mesi hanno calcato il segno sull’hot topic del momento. Martin Wolf proprio sul FT ha sottolineato la rilevanza dell’opera di Thomas Piketty, Capital in the Twenty-First Century,sottolineando la necessità di superarne l’analisi strettamente politica e approdare ad una più specificatamente economica, fondata sul topos dei costi-benefici. Un’onda partita dal famoso 99% di Zuccotti Park a testimonianza che qualcosa è stato mosso e portato a galla.

In Italia il problema non è ancora quello di dare una risposta alla situazione corrente. Il paese non è ancora giunto al punto della domanda. Almeno di una consapevole del reale problema. La guerra agli stipendi d’oro, ai costi della politica, agli sprechi dello Stato rischiano di restare domande troppo facilmente strumentalizzabili e fini a se stesse se non inquadrate in un progetto più ampio di comprensione di chi stia sfruttando rendite di posizione e di riduzione delle differenze tra parti del paese già troppo lontane tra di loro. Un progetto che abbia chiare le conseguenze di questa situazione e che non può prescindere dalla dimensione europea, dati sia i vincoli che legano il destino del paese a quello degli altri membri della comunità sia dalla natura del problema che coinvolge anche i nostri vicini europei.

LEGGI ANCHE
Situazione reddituale dei contribuenti italiani - Comunicato Stampa MEF (26/03/2014)

Luca Michele Piscitelli
giovedì 22 maggio 2014

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