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- Stamina: quando i sogni (non) sono realtà
mercoledì 20 novembre 2013
Stamina,
il nuovo metodo che utilizza cellule staminali per curare malattie
neurodegenerative (e che a detta di alcuni risulta essere miracoloso,
mentre per altri rappresenta solo l’ennesimo flop stile “Di
Bella” ) sta scuotendo l’intera comunità scientifica. Il
metodo si propone di convertire cellule staminali mesenchimali
(cellule usate per la rigenerazione dei tessuti ossei e adiposi) in
neuroni. Le
cellule, in sintesi, vengono prelevate dal midollo osseo del
paziente, manipolate in vitro e successivamente reinfuse per via
endovenosa o midollare, nei paziente stessi, al fine di convertirle
in cellule nervose. La
tesi dell’effettiva efficacia del metodo è portata avanti in prima
istanza dal padre di Stamina, Davide Vannoni, in associazione con la
multinazionale Medestea, firmataria di un accordo con Vannoni
riguardo il Metodo stesso, e da Camillo Ricordi, esperto di trapianti
con l’organizzazione “The Cure Alliance".Ci
sono poi molte testimonianze di vari pazienti e di genitori di
piccoli pazienti, che attestano un netto miglioramento delle
condizioni fisiche dei malati, in seguito all’infusione di questo
tipo di staminali.
Sorge
allora spontanea la domanda: perché molti esponenti della comunità
scientifica nazionale ed internazionale ( tra cui lo stesso premio
Nobel per la Medicina 2012,Shinya Yamanaka) si stanno opponendo
fermamente al Metodo, tanto da richiederne la bocciatura da parte del
Ministero della Salute? "Una
terapia non è mai materia di opinione, è materia di dati
scientifici, è materia di sperimentazioni, è materia di risultati
misurabili; finché non esisteranno risultati misurabili e noti e non
segreti, non esiste nessuna terapia sulla quale esprimere opinioni,
non esiste nessuna terapia stamina. Questo
metodo, “presunto”, è stato usato per trattare un numero
anche relativamente alto di pazienti singoli. Finché i pazienti sono
singoli, non è tecnicamente possibile stabilire se una terapia ha un
risultato favorevole oppure, no. Chi lo afferma, ha l’onere di
provarlo […] Se esiste un’efficacia, la si dimostri, altrimenti
si rimanga zitti.” Questa
è stata la risposta del prof. Paolo Bianco, prof. Ordinario
all’Università “La Sapienza” di Roma in un’intervista ad
Ability Channel, e questa è effettivamente la principale antitesi apportata al
Metodo dai vari oppositori: senza dati scientifici, misurabili su un
gruppo di pazienti e non su pazienti isolati, non è possibile
attestare l’efficacia scientifica del Metodo. Inoltre,
la rivista “Nature” ha scoperto come Davide Vannoni, nel
tentativo di depositare il suo brevetto già nel 2010 (tentativo
vano, in quanto respinto), aveva usato delle immagini relative a
studi condotti da scienziati russi e ucraini, i quali avevano
studiato la possibile differenziazione di cellule del midollo osseo
in cellule nervose, ma con sperimentazione del tutto differente da
quella utilizzata da Vannoni.
Così, il Parlamento Italiano si è ritrovato a dover risolvere questa spinosa questione e il 15 Maggio 2013 è stato approvato l’avvio alla sperimentazione, finanziata dallo Stato. Entro il 21 giugno Vannoni avrebbe dovuto consegnare all’Istituto Superiore di Sanità tutti i documenti relativi al Metodo stesso, azione che però non è stata portata a termine fino al 1 Agosto.Intanto il Ministro della Salute Lorenzin ha nominato i membri del comitato che avrebbe dovuto occuparsi di seguire passo passo la sperimentazione.
Si
può quindi catalogare come terminata “l’avventura Stamina”? Come
ha affermato lo stesso Vannoni in un’intervista a Enrico Ferdinandi “Stamina
continuerà a curare chi ne ha bisogno, prima cosa perché abbiamo
150 persone in lista d’attesa all’ospedale di Brescia, che devono
ed hanno diritto di essere curati. C’è poi da dire che quello che
ci troviamo davanti è un mondo intero: perché rimanere ancorati nel
mare putrido di questa sanità italiana? Cercheremo di aprire
sperimentazioni anche all’estero, sempre nello spirito Stamina
ovvero gratuità per i pazienti e senza terapie a scopo di lucro.”
KM
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